Alla fermata del Lido, il vaporetto si svuotò completamente, riversando sull'imbarcadero ondeggiante una folla dall'aria stanca e assente; quasi quelle persone fossero comparse di una recita ormai replicata troppe volte per concedere ancora qualche emozione. Uno solo tra questi, un uomo alto dai capelli biondo cenere, si muoveva come spinto da una eccitazione inconsueta; imboccò il Gran Viale trascinando nervosamente un trolley da viaggio fino al punto in cui, scortato dai platani dai tronchi rugginosi, gli si aprì all'improvviso la vista sulla facciata variopinta dell'Hotel Hungaria.
Il rivestimento di maioliche, opaca testimonianza di una stagione ormai inesorabilmente perduta, era stato deturpato dal tempo e dalle intemperie e privato di alcune tessere. L'intonaco nudo riaffiorava grigio tra le alte finestre: chiazze quadrangolari che ricordavano i pixel mancanti di un'immagine digitale.
L'uomo si fermò, come rapito, ad osservare da lontano la massa silenziosa ed imponente dell'edificio; come se si fosse trovato inaspettatamente di fronte alla carcassa di un grosso cetaceo morente, trascinato sanguinante a riva dalla risacca.
Dopo alcuni istanti, ritrovata l'eccitazione che lo aveva accompagnato fino a quel momento, entrò nella hall spaziosa illuminata da enormi lampadari in vetro di Murano; consegnati i documenti, chiese nervosamente alla ragazza alla reception un elenco telefonico e si diresse rapidamente verso l'ascensore che conduceva ai piani superiori.
Il cigolio delle funi che mordevano le pulegge del vecchio impianto lo innervosì: 'forza, svelto; fammi arrivare in questa stramaledetta camera!'
Le grandi doghe in legno del pavimento emisero una sorta di gemito sotto i suoi piedi quando entrò nella stanza. Abbandonata la valigia in un angolo, si diresse verso il frigobar e ne estrasse una bottiglia di birra che, raggiunto lo scrittoio, si scolò cercando poi la complicità di una sigaretta. Finalmente cominciò a sfogliare l'elenco telefonico.
'B'..., 'Be'... Ci siamo, eccola qua! Belicchi Giuditta, Via Lepanto 11, Lido di Venezia. Tel....
Evidenziò il nome con una penna e tirò fuori dalla tasca della giacca un piccolo contenitore. La polverina bianca in esso custudita, sistemata con ordine sul tavolo, lo fece starnutire. Poi inalò profondamente e si abbandonò sulla sedia.
Guardò intorno a se con soddisfazione e si accorse, autocompiacendosi, delle dimensioni e dell'eleganza in declino del luogo in cui si trovava, quasi si identificasse con essa.
'Ti ho trovata' pensò, e scoppiò in una fragorosa risata.
Prima di uscire dalla stanza, si guardò nel grande specchio appeso alla parete a lato della porta passandosi una mano tra i capelli: notò i fregi dorati che decoravano le pareti e, dietro il suo sguardo diabolico, vide riflesso anche il colore della sua anima.
La caccia era iniziata.
13 commenti:
Eddai Vlad,
non è giusto...
Una vera umiliazione per il mio patetico tentativo dopo aver letto il pezzo "da architetto" che hai elaborato. E ci credo che sei finito in prima pagina.
I miei complimenti, (sigh!)
Maria
Ehi..aspetta un attimo...
in prima pagina ti ci sei messo da solo..
E mica si fa così...
Maria
Certo; speravo che, così facendo, l'autrice l'avrebbe letto appena alzata, e magari commentato...
Comunque il tuo non era affatto patetico.
baci
p.s.
ma non è da architetto; è da serial killer...
non commento, ma prendo nota e imparo dalle vostre versioni...
api, questo bonazzo biondo-cenere che va all'hotel Hungaria e pippa alla ricerca di Giuditta l'ho già letto... ma è una variante dell'incipit?
sì, bianca!.
questa è la versione di vlad che l'ha messa in prima pagina, le altre sono sotto il post con la copertina del libro.
puoi provare anche tu, se vuoi!
Ah ecco, supponevo sia la versione di Vlad che suppongo sia tuo marito sotto altro nome.
Uhm... più che altro pensavo di farti un micro-editing magari sul forum... quello macro te lo faccio (se vuoi) sul libro quando a Dio piacendo lo leggerò.
Da architetto, anzi da grande architetto quale lei è Vlad, ha privilegiato i particolari architettonici della scena, supportando egregiamente la dimensione diabilica del personaggio, nobile e decadente come lei lo ha descritto. Complimenti. Pia attingi da tuo marito, te l'ho sempre detto hai un patrimonio culturale vivente che ti vive accanto ma - secondo me - non te ne sei ancora accorta.
Bianca... un abbraccio!
Api attingi, Vlad intingi
Vlad intingi più che puoi, ragazzi sto ascoltando Phil Collins I cannot believe that's true! Bellissima...
o it's true boh... Vlad daje dentro!!!
Non era patetico?
Grazie architetto_serial killer..
Ne sono contenta.
Torno ora dal cinema. Changeling. Ma la recensione l'ha già fatta mr. aaaaa.
Se riesci ascolta la colonna sonora. L'ha scritta lo stesso Clint Eastwood. Io non l'ho trovata affatto male.
Uno smack a tutti.
maria
grande Phil, grande Clint
Posta un commento