lunedì 15 settembre 2008

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Luisa - breve racconto di Catia Simone

Era una notte buia e tempestosa, di metà maggio. Lei avvolta in un pigiama di seta, dormiva un sonno profondo. Nulla poteva presagire che quello fosse l’ultimo temporale della sua vita e il preludio ad un domani troppo breve.
Sopraggiunse il mattino. Dalla finestra filtrava un fascio di luce quasi incolore. La pioggia primaverile, ora, era talmente sottile e rarefatta che pareva trasformarsi in vapore acqueo.
Giornata perfetta per indossare il suo trench preferito: un impermeabile color sabbia, tendente al dorato che – insieme agli stivali tacco dieci – la facevano sentire particolarmente sexy.
E in piena sintonia con l’atmosfera da Casablanca che di lì a breve, inconsapevolmente, si stava prospettando.
Appoggiato sulla consolle fine ottocento, situata alla destra della porta d’ingresso, il manoscritto, e sopra di esso le chiavi della lussuosa cabriolet – ultimo oggetto del contendere – di una burrascosa ma proficua separazione.
Il campanello suonò ripetutamente: « Chi è? » domandò Luisa contrariata.
Accidenti, era molto in ritardo, e lei aveva un importante appuntamento con il suo editor.
« Sono io, Giorgio ».
Luisa trasalì: il suo ex socio , ex amante, ex marito (fedifrago e cornuto) osava bussare ancora alla sua porta! La sorpresa le fece perdere l’equilibrio e per evitare di cadere si appoggiò alla maniglia di ingresso che – inevitabilmente - dischiuse la porta.
« Oh Giorgio… entra pure ».
L’uomo si introdusse nella stanza. Indossava un soprabito sul gessato scuro, e un borsalino sulla testa (odiava gli ombrelli). Le mani in tasca, lo sguardo da pesce lesso, la testa leggermente reclinata in avanti: « sono venuto a vedere come te la passi, dopo il divorzio… ».
« E’ gentile da parte tua. Sto benissimo » biascicò Luisa a denti stretti.
Nella sua mente un rigurgito di pensieri velenosi.
… Sto benissimo, fottuto bastardo..sto benissimo…!
Sto benissimo senza il tuo fiato pesante che alitavi ad ogni tuo russare; per non parlare del
verso che emettevi, con piccoli sbuffi a intermittenza. Adesso finalmente dormo.
Sto benissimo perché non devo più assecondare i tuoi appetiti sessuali notturni e diurni, scatenati da un’insulsa ed esagerata passione per la pornografia, con la quale stimolavi la tua libido – ma non la mia. Infatti, preferivo masturbarmi.
Sto benissimo senza le tue bugie… le tue umiliazioni…i tuoi tradimenti.
Sto benissimo nella tua casa, con i tuoi soldi e la tua auto.
Per evitare che i suoi pensieri si traducessero in parole volgari ed offensive, Luisa pensò bene di dissimulare la propria contrarietà simulando un improvviso attacco di incontinenza: la vescica chiamava e lei doveva rispondere.
Giorgio rimase solo in salotto, osservando con rassegnazione la sua vecchia dimora coniugale. Amava ancora Luisa; amava ancora quella casa. Quelle pareti figuravano meglio di qualunque altra cosa, il senso del proprio fallimento come marito e come uomo.
In tono flebile, affermò: « vorrei poterlo dire anch’io ».
« Come? Non ho sentito » urlò Luisa dal bagno.
« Ho detto che vorrei stare benissimo anch’io ».
Luisa tirò lo sciacquone: « le cose non vanno troppo bene, allora?»
Davanti allo specchio mimava espressioni facciali che esprimevano tutto il proprio disappunto e l’enorme seccatura per quel dialogo assurdo e inutile.
Si sentì sprofondare nel ridicolo a tal punto che – pur di non perdere il contegno - trasformò una risata in un sonoro colpo di tosse.
Tornò in salotto… lui le si avvicinò e con un colpo di teatro le prese la mano con forza:
« sento la tua mancanza, Luisa ». “Oddio, qui finisce che si mette in ginocchio e mi chiede nuovamente di sposarlo.” Con un altrettanto colpo di teatro riuscì a ritrarre bruscamente la mano dalla presa di lui; osservò il Rolex in oro bianco e brillanti che incorniciava il suo polso e con grande stupore esclamò: « cazzo, ma è tardi! ».
Lui - impietrito ed esterefatto – dalla volgarità e dalla brutalità con cui lei recise il suo tentativo di approccio, fece un passo indietro.
« Mi dispiace, ma ora è meglio che tu te ne vada »… concluse Luisa, congedando per sempre Giorgio con un beffardo sorriso di circostanza.
Si avviò verso il vialetto del tramonto che portava al parcheggio esterno. Luisa si appoggiò alla porta ormai chiusa e scoppiò in una interminabile e fragorosa risata, trattenuta in gola da troppo tempo. Fuori il sole, e lontano un borsalino che scompariva dietro l’angolo.
O – almeno – così sembrava. Giorgio si appoggiò alla fuoriserie acquistata da poco. La vernice grigio metalizzata rifletteva le piccole stille di acqua piovana che pian piano si evaporavano con il tepore del caldo sole primaverile sopraggiunto di lì a poco dopo il maltempo. Il capo chino e gli occhi a guardare l’asfalto umido: era da tanto che non piangeva.
Con un leggera pressione sulle chiavi, sblocco le serrature dell’auto e vi entrò.
La pelle pregiata era calda e umida come le guance del suo viso. Appoggiò il cappello sul sedile e guardò i suoi occhi disperati nello specchietto retrovisore, finchè non intravide un pezzo di stoffa che poco prima le sue mani aveva toccato. Luisa stava andando via e lui questa volta glielo avrebbe impedito. Per sempre.
Aprì il vano portaoggetti e prese il piccolo revolver già carico.
« A mali estremi, estremi rimedi. Si era fottuta con le sue mani, piccola stupida donna Cosa credevi che ti avrei lasciato libera di vivere la tua vita senza di me? Non posso concedertelo, lo so il mio è uno stupido ed infantile egoismo. Sei riuscita ad andare oltre me ed oltre te stessa. Io invece mi sono fermato davanti al meschino tentativo di diventare l’uomo che avresti sempre voluto .E per questo che ti ucciderò. Perché tu possa portare via la parte peggiore di me che ti ho donato in questi anni. La tua morte sarà la mia rinascita. Ancora una volta mi comporto da bastardo egoista. Ancora una volta tu, la mia vittima prescelta. Ti ho condannata da tempo. Dovrò solo eseguire ».
Solo due colpi. Il sole illuminava il trench color sabbia intriso di sangue e un borsalino che, questa volta, scompariva per sempre.
Dopo un paio di mesi, la lucida copertina rossa di un libro, occupava le vetrine della più importante libreria della città: Luisa Fantoni, best-seller dell’anno! Opera prima di una donna vittima di un gesto immorale che l’ha resa immortale.
Questa volta avevi superato te stessa. Oltre la morte. Oltre la vita. Oltre la sbarre di una prigione.

8 commenti:

Micheluzzo ha detto...

Io sarò fissato con la fantascienza, ma tu ce l'hai con le donne morte ammazzate (vedi Area di servizio)!!! E poi sta troia io l'avrei investita con la macchina, almeno soffriva di più

Catia ha detto...

sapevo he avresti commentato così...uomo prevedibile. Adoro le storie di donne che per un motivo o l'altro si riscattano anche a costo della vita!

Micheluzzo ha detto...

Meglio uomo prevedibile che donna morta sparata... a proposito, anche l'altra muore sparata!

api ha detto...

no, scusate, e perché caspita si chiama Fantoni di cognome, quella?????? ti perdono solo perché diventa famosa, guarda.

e poi in certi punti, quando dici osare o qualche altra forma poetica non mi piaci, diventi farraginosa.

ma è bello, anche se IO farei una redazione bella tosta, prima di proporlo.

api ha detto...

e poi scusa, cosa c'azzeccano 'le sbarre della prgigione'?

Anonimo ha detto...

Certo che per divertirvi, vi divertite!

Ho fatto un giro un po' in qua e un po in là.
Non avete per caso anche un navigatore?

Anonimo ha detto...

HO DOVUTO DIGITARE SU GOOGLE IL TUO NOME E COGNOME PER SAPERE COME TERMINAVA IL TUO RACCONTO!!!!!
LA PRIMA PARTE, LADDOVE GIORGIO -CON SUO BORSALINO- SCOMPARIVA DALLA SCENA AVEVO GIA' AVUTO MODO DI APPREZZARLA...
SONO SEMPRE STATO UN TUO ESTIMATORE, CATIA, ED ADESSO, MALGRADO IL TEMPO E GLI EVENTI... SONO CONVINTO CHE QUESTA SIA LA TUA STRADA!
BUONA FORTUNA...
GIANNI

Micheluzzo ha detto...

Caro Gianni, la signora che Lei tanto ammira ha cambiato strada, nel senso che ha deciso di regalare ad altri siti i suoi meravigliosi racconti...

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