mercoledì 17 settembre 2008

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INCIPIT

"E' appoggiata al banco, è sola e beve una spremuta. Per terra vicino alle gambe, ha una borsa di pelle nera e non so per quale motivo vengo attirato proprio da questo particolare."

incipit tratto da "Il passato è una terra straniera" di Gianrico Carofiglio, magistrato barese noto giallista.
Prendiamoci anche due giorni, ognuno scrive un proprio racconto, andando lì dove lo porta la propria penna.
Buon lavoro

11 commenti:

Micheluzzo ha detto...

ci sto

api ha detto...

io pure, però mi piaceva di più l'idea del pezzo a testa. mannaggia.

Vlad ha detto...

sono d'accordo anch'io con api (che strano...) sul 'pezzo a testa'. Comunque seppoffa'.
Ciao belli (e brutti)

api ha detto...

E' appoggiata al banco, è sola e beve una spremuta. Per terra vicino alle gambe, ha una borsa di pelle nera e non so per quale motivo vengo attirato proprio da questo particolare."
Ho passato una notte infernale, sono stanco morto e non ho nessuna voglia di uscire dal bar, infilare il portone principale di questo palazzo, salire al piano esattamente qui di sopra ed entrare nel mio ufficio.
Non ho voglia di sentire la voce dei collaboratori, il rumore insopportabile di telefoni che squillano, il fruscio di fax in arrivo.
Non ho più voglia di fare nulla, nemmeno di sorbire questo schifo di caffè che si sta lentamente raffreddando.
Silvia se ne sarà già andata di casa, ora, lasciandomi solo il suo profumo sul cuscino. Mi manca già da morire. Ho un nodo allo stomaco.
Vorrei andare via anch'io, sparire nel nulla.
E invece sto qui come un cretino a pensare alla mia donna che sta salendo su un treno che la porterà via per sempre da me, da noi, dalla nostra vita, diventata ormai solo la mia.
Fisso ancora la ragazza: è' la sua postura, che mi lascia perplesso. Rigida, nervosa, il bicchiere che trema nella mano.
Un'altra che sta soffrendo, come me.
All'improvviso prendo una decisione: mi alzo di scatto, saluto il barista con un gesto affrettato ed esco dalla porta a vetri a passo veloce.
Cammino a lunghe falcate, quasi corro.
Sono un uomo di mezza età che si muove velocemente tra la folla, l'espressione disperata di chi non ha più nulla da perdere, la goffaggine nei movimenti di chi non fa più sport da parecchi anni.
I passanti mi guardano con aria sorpresa, si spostano, sussurrano parole che non percepisco.
Sento un rumore fortissimo provenire da lontano: sembra un tuono, non mi fermo.
Ora sono davanti all'entrata, ho il fiatone, il cuore mi sta scoppiando per lo sforzo. Scendo correndo i gradini del sottopassaggio, risalgo velocemente.
Mi fermo, piegato in due dal dolore alla milza.
La coda del treno per Bologna sembra sbeffeggiarmi: Silvia è là dentro; io qui, come un cretino.
Sommerso da un senso di impotenza e dal disagio di non riuscire a respirare dalle fitte, mi sembra di percepire un rumore odioso: sirene.
Tante sirene, polizia, ambulanze, vigili del fuoco.
Mi appoggio al muro, gli occhi sbarrati. Il mio telefonino inizia a vibrare, ma non ho nessuna intenzione di rispondere.
Di fianco a me una donna sta parlando al telefono, gli occhi sbarrati di paura, emette un grido disperato di gola: interrompe la comunicazione, mi fissa e inizia a piangere, abbracciandomi.
“Hanno fatto esplodere il bar di Via Gorizia per colpire l'Ambasciata degli Stati Uniti. È appena successo.”
Rimango immobile, come se non avessi capito.
La mente inizia a recepire la portata di quello che è successo.
Io, l'Ambasciatore, inizio a piangere.
Sono vivo.

Vlad ha detto...

La donna che mi sta bbracciando allenta lentamente la presa e si ritira un po' imbarazzata. Io la fisso negli occhi colmi di lacrime e non capisco più dove sono. So solo che sono vivo.
Faccio fatica a riprendemi e mi lascio scivolare lentamente lungo il muro alle mie spalle.
Mi prendo la testa tra le mani e sento dei tuoni in lontananza, al di là dei binari. Il cielo è cupo e minaccia un temporale. C'è afa. Aria bassa.
Spero che arrivi questo temporale: voglio provare ancora sensazioni antiche, provate nelle estati da ragazzo.
Voglio le cose che non ci sono più...

api ha detto...

e il tuo dov'è?

Vlad ha detto...

lo sai che mi sono sbagliato e, invece di iniziare dall'incipit un mio racconto, ho aggiunto un pezzo al tuo. Come ho appena scritto in un post, potremmo continuare con questo. Potrebbe diventare una cosa interessante.

api ha detto...

aspetterei il parto plurigemellare di catia...

Vlad ha detto...

ascpettiame...

Anonimo ha detto...

E' appoggiata al banco, è sola e beve una spremuta. Per terra, vicino alle gambe, ha una borsa di pelle nera e non so per quale motivo vengo attirato proprio da questo particolare.
No, invece, lo so benissimo. La guardo di nuovo. E' molto elegante, ogni tanto si guarda intorno. Chissà, forse sta aspettando qualcuno. E' bella, non riesco a toglierle gli occhi di dosso. Ma di nuovo quella borsa mi attrae. Cerco di non farmi catturare. Non ce la faccio. Sono affamato e sono entrato nel bar per rimediare qualcosa; non ho soldi, ho un aspetto pessimo, mi sento sporco e puzzolente. Forse lo sono. Non ce la faccio ad avvicinarmi al banco. Il cuore mi batte a più non posso. Non l'ho mai fatto prima. Quella borsa potrebbe risolvere un po' dei miei problemi. Lei è ancora lì, ma la spremuta è finita da un pezzo. Devo sbrigarmi, potrebbe andarsene da un momento all'altro. Sono indeciso, lei è ancora lì. La borsa è sola, sembra indifesa.
Ho deciso, vado, ho paura, ma vado.
Sono vicino, molto vicino, ormai sono lì, sto per allungare la mano.
Improvvisamente mi riprendo da quello stato di trance. Le sono di fronte, le sorrido come un imbecille. Lei ricambia.
"Scusi" le dico. Allungo una mano, ma la ritiro subito indietro.
"Che ore sono?"
Che domanda stupida!
Ma lei è gentile e risponde. Poi si abbassa, prende la borsetta, tira fuori il borsellino, paga il conto e, salutando, se ne va.
Sulla porta le cade una banconota dalla borsetta. Velocemente mi muovo per raccoglierla: sono cinque euro. La rincorro e la chiamo a gran voce: "Signora, signora!" Lei si ferma e si volta.
"I suoi cinque euro."
Sorride e ringrazia.
"Li tenga lei, beva qualcosa alla mia salute" dice.
Felice, ricambio il sorriso. Le parole non mi escono, nemmeno un grazie. Non sono abituato a tanta gentilezza.
Resto in piedi, immobile, mentre lei si allontana.
Ero entrato per rubare una borsetta. Domani avrò ancora fame, ma oggi sono salvo.

api ha detto...

Bello, Ben.
Che bravo...

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