p.s.3: Mo' NON gli spiego. è già a letto stravolto dall'influenza.
martedì 30 settembre 2008
VADO A NANNA
p.s.3: Mo' NON gli spiego. è già a letto stravolto dall'influenza.
IN BOCCA AL LUPO, REX!!!!!!!!!!!!!!!!
Stairway to Heaven
Oggi vi dedico:
Stairway to Heaven, Led Zeppelin
http://it.youtube.com/watch?v=ayzhJKy8H_A
Ho inserito nel sito le mie canzoni preferite... mi dite le vostre?
X REX: piccola incursione tra una vendita ed un incasso
mi chiedevo Rex, se alcuni libri, alleggeriti di qualche pagina di troppo, diventerebbero più interessanti o più leggibili.
Hai qualche esempio?
Grazie a M. (benvenuto)
cfr. Zingarelli: 1. Sentimento, atteggiamento di doveroso rispetto e devozione, spec. verso famiglia, patria e religione. 2. (est) Cura attenta e rispettosa.
Come conciliavano i romani la loro base filosofica con la loro credenze religiose? C'era una contraddizione, oppure era possibile essere stoico e "pius" allo stesso tempo?
Cn. Salix Astur
Il termine latino pietas (corrispondente a quello greco eusebeia), derivato di pius, è una disposizione d'animo a sentire devozione ed affetto verso Dio, i genitori e la patria. Cicerone la ritiene un atto di giustizia nei riguardi degli dei, e un "dovere (officium) e cura (cultus)1 dei consanguinei".
Tommaso d'Aquino, per spiegare la qualità di questo rapporto, notava che l'uomo è debitore nei confronti di altri in diversi modi, commisurati al loro stato ed ad benefici da essi ricevuti. Quindi siamo debitori verso i genitori e, per estensione, verso i consanguinei e la patria, cioè verso tutti i cittadini. Cicerone era invece convinto che la pietas, doveva esser grande verso i genitori e i consanguinei e grandissima verso la patria. Comunque, l'Enea virgiliano è pius per l'affetto mostrato verso il padre.
Stoicismo nell'Antica Roma
Insomma, secondo me è corretto utilizzata nei confronti del mondo esterno, non solo degli Dei.. Attendo i vostri commenti, eventualmente mi reco da Paolo di Stefano e chiediamo a lui su L&S,
Api
grazie a M.
cfr. Zingarelli: 1. Sentimento, atteggiamento di doveroso rispetto e devozione, spec. verso famiglia, patria e religione. 2. (est) Cura attenta e rispettosa.
Intervista di Marzo 2004
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Cn. Salix Astur
Il termine latino pietas (corrispondente a quello greco eusebeia), derivato di pius, è una disposizione d'animo a sentire devozione ed affetto verso Dio, i genitori e la patria. Cicerone la ritiene un atto di giustizia nei riguardi degli dei, e un "dovere (officium) e cura (cultus)1 dei consanguinei".
Tommaso d'Aquino, per spiegare la qualità di questo rapporto, notava che l'uomo è debitore nei confronti di altri in diversi modi, commisurati al loro stato ed ad benefici da essi ricevuti. Quindi siamo debitori verso i genitori e, per estensione, verso i consanguinei e la patria, cioè verso tutti i cittadini. Cicerone era invece convinto che la pietas, doveva esser grande verso i genitori e i consanguinei e grandissima verso la patria. Comunque, l'Enea virgiliano è pius per l'affetto mostrato verso il padre.
Insomma, secondo me è corretto.
Attendo i vostri commenti,
Api
Progetto di ristrutturazione del Padiglione Italia alla Biennale di Venezia - schizzo di studio delle sale espositive al piano terra di P. Simonetti.
Progetto vincitore del concorso a inviti indetto in occasione della Biennale Architettura di Venezia nel 1988
"L'ARCHITETTURA E' TROPPO IMPORTANTE PER LASCIARLA AGLI ARCHITETTI"
Catia, attribuisce la frase a Dejan Sudjic. Non so se sia sua. Comunque io avevo pensato ad uno che l'architettura non la progetta, ma ne tratta solamente teoricamente. Cioè che parla di quella degli altri. Non a caso Sudjic ha diretto recentemente una Biennale di Architettura a Venezia (subito dopo quella diretta da Fuksas, aaaarrrggghhh!!!!!!) e le edizioni dgli ultimi anni (compresa quella attualmente in atto) hanno preso una piega 'concettuale' troppo forzata in cui l'Architettura vera scarseggia... Volete un esempio di Biennale Architettura di alto livello? Andate a vedere quella diretta da Francesco Dal Co nel 1988, quella vinta da Francesco Cellini, Nicoletta Cosentino e il sottoscritto (si proprio io... Giovanissimo ma io) e che trattava della Ristrutturazione del Padiglione Italia ai Giardini della Biennale (a Venezia). Quelli si erano bei tempi per l'architettura...
Proviamo a riscrivere l'aforisma?
L'ARCHITETTURA E' TROPPO IMPORTANTE PER LASCIARLA ALLA MAGGIOR PARTE DEGLI ARCHITETTI CHE HANNO SUCCESSO ATTUALMENTE...
lunedì 29 settembre 2008
Buonanotte
INCIPIT REX, SCRITTO DA API:
"Egregio Signore Iddio,
mi perdoni quest'ultima lettera. So di non doverLe scrivere più. Ho finalmente capito la lezione: la Sua risposta è il silenzio.
Ma non essendo un pensatore sono arrivato con molto ritardo a questa grave scoperta, che rende ancor più difficili le nostre preghiere. Mi ritengo un uomo come tanti, un piccolo eroe negativo e se oso rivolgermi a Lei è solo per dirle che il mondo d'oggi mi risulta ormai francamente insopportabile.
Non riesco a farmi una ragione del cambiamento rivoltante che sta subendo questa nostra società malata. Non riuscirò mai ad accettare pedissequamente l'ostentazione delle cose inutili - la 'Roba' di verghiana memoria -, la mancanza di interesse per gli altri, la cancellazione dei valori con i quali i miei genitori mi hanno cresciuto: la lealtà, l'onestà, la pietas per il prossimo, lo spirito di sacrificio.
Caro Signore Iddio, io sono un peccatore. Questo non è un segreto, lo so io e lo sa Lei.
Ma il mio è stato un peccato di superbia e ne sto da tempo pagando il prezzo con questa solitudine che tanto ho anelato e ora mi dilania il cuore e mi sbriciola l'anima.
So che non devo più rivolgerLe le mie preghiere perché rimarranno inascoltate e disattese, ma allo stesso tempo mi trovo a chiederLe aiuto.
La malattia che si è annidata in questa mente un tempo fervida e lucida mi obbliga a compiere gesti inconsulti, di cui mi dimentico appena compiuti e che, quando mi vengono ricordati, mi fanno profondamente vergognare di me stesso. Sono ridotto solo a un contenitore, sono l'involucro di questo grumo di follia che mi porterà lentamente a cedere a un abbrutimento che proprio io disprezzavo tanto.
Io, sdegnoso e supponente da giovane, mi sono trasformato in un vecchio che combatte, senza altra arma che la parola, contro la propria demenza."
Visto. si stampi . Allegriaaaaaaaaaaa
Scusate lo sfogo!
Ebbene, miliardi sperperati in Alitalia per ingrassare manager e piloti (due facce della stessa medaglia). La bad company sulle spalle di noi poveri coglioni contribuenti!
Oggi il commercialista mi chiama per l'acconti IRPEF 2009 ( e non vi dico quanto abbiamo pagato questo anno), un altro salasso, tanto per chiudere il belleza il 2008!
E poi mio figlio torna da scuola, primo anno di liceo scientifico e mi dice:
cara mamma, non abbiamo ancora il libretto delle giustificazioni, nè il prof di inglese e nè quello di educazione fisica.
Mi posso incazzare? Eccome se mi incazzo!!
Ammazza quanto siamo anglosassoni stasera!
Brava Presidentessa traduttrice in 8 lingue, ti voglio vedere con il tuo alter ego milanese. la mitica Orietta tradotta in 8 lingue!
Paolo stai meglio?
Michele sei rientrato nello spirito del blog?
Roberto vieni a mettermi a posto il giardino?
Rex, o' fidanzato mio, ben rientrato, potevi mai lasciarmi sola ed inerme di fronte a cotanta cultura, cotante traduzioni, cotante descrizioni bottaniche mmh pardon botaniche?
Intanto un abbraccio a tutti.
Autunno
E con l'autunno gli accidenti di stagione.
Ma la vite americana è al massimo della bellezza.
Benvenuti!
Forse oggi Lina Sotis mi pubblicherà il post in cui presento sito e questo blog.
Nel caso lo faccia, spero che riceveremo molte visite di nuovi amici 'Bon Ton'.
Mentre voi dissertate in dialetti a me incomprensibili, ho preparato un buffet.
Due cosucce, giusto per essere ineccepibili padroni di casa...
BENVENUTI!!!!!!!!!!!!!!!!!
domenica 28 settembre 2008
Come si modera?
garetta dialetti
toh là.
soluzione (visto che a parte Rex nessuno MI SI FILAAAAA)
DITE CHE VENITE E NON VENITE NEMMENO.
non è un cimitero di guerra, ma tanti virgulti di vite...
In quanto al 'PUNTUALIZZA(2)' di api, vorrei chiarire:Il Presidente? E chi lo voleva fare? Sono già PAPA; che mi frega. Sul resto poi...
Bene. Ora devo andare. Mi assenterò per un po', come succede in ogni buon forum-blog che si rispetti. Adesso con chi parlerai, rex, di architettura, di tecnica, di donne e motori? E chi ti correggerà i compiti? Non preoccuparti; qualcuno si occuperà di te.
sabato 27 settembre 2008
Scioglilingua barese
Voglio vedere se riesci a tradurre, traduttrice dei miei stivali tacco 12!
Altrimenti interpello Oretta dalle Ore, tradotta in 8 lingue, compreso il barese.
DENSITA'
BUONGIORNO
Buongiorno a tutti.
Tra poco la bibliotecaria più fusa d'Italia, Anna Pia Fantoni, andrà ad aprire la biblioteca per un paio di ore.
Buon lavoro, aspiranti.
Ho deciso di seguito il consiglio del mio mentore, il Sindaco Rex-ex-ex: da oggi ricomincerò a leggere Moravia, Calvino e gli italiani. Vi saprò dire.
Ah, già, ho scattato una foto di uno scorcio della mia Bimba Bib, massì, una cosuccia, vi piace?
(Catia , chiudi quel becco: se fai la spiona come al solito TI STROZZO).
venerdì 26 settembre 2008
Kounellis o Simonetti? O tutti e due?
SCUSATE, MA....
Carissimi, vi auguro una conversazione ricca, simpatica e amichevole: priva soprattutto di quelle tentazioni autodistruttive che spesso caratterizzano forum, blog e simili. Verrò a curiosare appena potrò. Un abbraccio cumulativo.
(Paolo Di Stefano)
Proposta: esercizi di stile, incipit di Faulkner
Un sentiero appena visibile portava dalla viottola alla sorgente. Popeye guardò l'uomo - un uomo alto e magro, senza cappello, con un paio di vecchi pantaloni di flanella grigia e una giacchetta di tweed sul braccio - venire giù per il sentiero e inginocchiarsi a bere alla sorgente.
tratto da " Santuario".
Proviamo a farlo nostro o commettiamo un sacrilegio?
AKITA INU for ever
propongo
MaKiTeVole alias RIFUGIO FORUMISTI SMARRITI...
Scurano
No, solo per puntualizzare: SI CHIAMA SCURANO!!!!!!!!!!!
e per l'etimologia del nome, prego non riferirvi al post di Roberto Ben.
Il nome 'Scurano' deriva dal console Scauro, un legionario romano venuto a colonizzare il nostro territorio.
Invece, Rex, leggiti l'etimologia di Bardolino: è tutto vero!
(e il consorte di Catia si chiama Pippo... ecco il perché della foto)
e ribadisco il concetto espresso più volte: perché non facciamo un Fuso meeting?
Benvenuto Rex, ex ex ex alias Cerbero
Mi intrometto nel post di Catia: per chi non lo conoscesse, Rex ex ex exiando è stato da me soprannominato anche Cerbero, perché trattasi di meticcio a tre teste (una è quella di Rex der Kommissar, l'altra di Lassie perché minaccia sempre di scappare ma torna sempre e l'ultima è quella di Snoopy, perché ha un cuore gigante e a volte fa uscire il fanciullino pascoliano che noi adulti troppo spesso dimentichiamo).
Benvenuto davvero di cuore... e cerca di andare d'accordo con Vlad alias Paul Simon, l'uomo che calza all'indice sx una fede nuziale uguale alla mia....
Ti strofino forte forte i tre testoni e comunico a te e Catia che Paola Calvetti è troppo felice del fatto che la stiamo pubblicizzando... se lo merita, no?
Che dire, grazie della visita e della presenza... di spirito!
Api the President, Catia the 1stA.D.
giovedì 25 settembre 2008
e' arrivato anche Valerio Varesi...
Ciao Annapia! Benvenuta nel magico mondo di internet! Grazie per la stima e i tuoi messaggi!
Valerio Varesi
Racconto di Catia Simone: Il risveglio
Da quando, un giorno di aprile - in una mattina di primavera, qualcuno ha pensato bene di non fermarsi a quel maledetto stop di Via Roma, buttando in aria me e la mia vita di tranquilla e spensierata di adolescente milanese. In verità i miei occhi ormai sono due fessure inespressive da troppo tempo. L’azzurro delle iridi tende ormai al grigio. Il bianco della pupilla esangue, vacuo. Il mio corpo giace inerme e invecchiato da una vita che non ho vissuto e che mi scorre addosso impotente. La mia bocca boccheggia come quella di un pesce in un acquario, conferendomi un’ espressione idiota e grottesca.
Per il resto respiro – dunque - vivo. Il mio cuore pompa ancora sangue in questo inutile motore. E ho ancora le mestruazioni.
Ma loro non mi credono. Vedo le loro facce rassegnate e infastidite da questo bamboccio di carne morta a cui devono dare un senso. Li ascolto, nel mio silenzio obbligato. Mio padre non ha retto al dolore ed è mancato un paio d’anni fa. Da un giorno all’altro non l’ho più visto. Arrivava tutte le mattine con il vassoio della colazione: la caffettiera ancora calda e borbottante, due tazzine, succo d’arancia, pane e marmellata. Era il nostro rituale per cominciare la giornata. L’odore del caffè inebriava il mio olfatto. Mangiava e gustava il tutto, parlandomi dei suoi impegni della giornata.
Aveva chiesto il prepensionamento, pur di starmi vicino, abbandonando l’ufficio alla Stazione Centrale dove svolgeva la mansione di dirigente di reparto. E mentre parlava mi teneva la mano, scossa da un lieve tremore. Mi leggeva i quotidiani tenendomi aggiornata sugli avvenimenti più importanti. Ricordo un giorno in cui rimase incollato davanti alla tv, per tutta la giornata, per assistere ad uno strano ed inquietante decollo aereo su due grattacieli che divennero una grossa polvere di fumo e calce. E vidi mio padre ancora più smarrito e la sua mano ancora più tremante.
Mia madre ,invece, è una donna forte, fiera. Adesso è lei che mi dà il buongiorno. Senza inutili smancerie. Anche quando è rimasta vedova, non ha mai pianto una lacrima davanti a me. Solo un paio d’abiti neri per un paio di mesi. Comunicandomi la notizia ponendo una foto di suo marito in una cornice d’ argento sul mio comodino, accanto a quella di Padre Pio. La sua presenza si alterna a quella delle due infermiere, Irina -polacca che mi assiste da cinque anni e Roberta, una deliziosa ragazza pugliese.
Mia madre… ormai per lei non sono altro che una formalità quotidiana da espletare, un’inevitabile abitudine. Glielo leggo negli occhi. Non mi guarda neanche più. Ormai per lei faccio parte dell’arredamento, un oggetto polveroso come questi mobili in noce chiaro.Come la foto di Padre Pio a cui tutte le mattine si rivolge nella speranza che questa lenta agonia termini per sempre. Liberandola da un fardello da piangere finalmente in mezzo a cipressi e pietrisco, nella quiete della sua solitudine.
E mi unisco alla sua preghiera anch’ io, mentre guardo quel pezzo di cielo che scorgo dalla finestra, vivo e mutabile. Perché è vero!Non son altro che un feto difettoso da abortire e l’aria di questa camera, un liquido amniotico dove galleggio ormai da troppo tempo. E’ tempo di finirla con questa suggestione che ridicolizza me agli occhi del mondo.
Vorrei… vorrei respirare questo tiepido soffio di vita per l’ultima volta e liberare lei da un’afflizione soffocata da tanti giorni di convivenza forzata con una morte apparente.
Vorrei…vorrei dare il giusto tributo alla vita morendo, magari domattina,con quel cicalio odioso della sveglia che per un attimo mi desterebbe giusto il tempo per godere del movimento del mio corpo… girare la testa… allungare la mano, e spegnere per sempre questo ignobile risveglio.
secondo film preferito
il protagonista è un uomo meraviglioso, lei una pazza scatenata...
ma è davvero così? siete sicuri?
beccatevi la canzone... poi guardatevelo. mi direte.
http://video.libero.it/app/play?id=b025b03f10940de514f1ce1eac0f99d9
dedico questo film ai miei paoli preferiti...
La massima del giorno
Gibran
(Naturalmente ogni riferimento a scrittori e commentatori presenti nel forum è puramente casuale, non vorrei beccarmi una querela per diffamazione, ah ah ah...).
MY FAVOURITE MOVIE
mercoledì 24 settembre 2008
BIG Ben!!!!!!!!!!!!!
BIG BEN!!!!!!!!
Roberto Ben è un grande.
è riuscito a vedere una spiraglio di luce in quell'incipit malefico fuoriuscito dalla mia mente perversa.
copio e incollo:
questo è suo:
Il cicalìo odioso della sveglia mi fa sobbalzare.
A fatica raggiungo il pulsante, lo premo con un movimento rabbioso.
Ho sonno, non ho voglia di alzarmi. Vorrei dormire, vorrei morire.
Mi alzo sbadigliando. Guardo il mio viso riflesso nello specchio dalla cornice dorata.
No, non può appartenere a me, questo volto dall'espressione disperata.
Dalla finestra non entra alcuna luce. Guardo la sveglia e mi accorgo che sono solo le quattro. Devo aver dormito pochi minuti, perché l’insonnia mi attanaglia sempre, tutte le notti. Anche se non è facile, ormai mi ci sono abituato.
Mi guardo ancora nello specchio: no, non è vero che vorrei morire, e in quanto al mio volto devo solo radermi per non avere quell’espressione.
E’ ancora presto, chissà perché la sveglia ha suonato adesso.
Mi rimetto a letto e il mio cervello si rimette in moto, come sempre, come ogni notte. Con le braccia incrociate dietro la testa, appoggiate sul cuscino, scruto il soffitto. E penso a lei.
Ogni cosa in quella stanza me la ricorda.
Guardo le tende: mi ricordo quando lei mi domandava: “Che ne dici, ti piacciono?” E, dopo il mio sì, lei continuava a ricamare, soddisfatta e contenta.
Guardo l’armadio e mi appare il suo volto sorridente ed interrogativo di quando si provava i suoi vestiti cercando la mia approvazione. Come si divertiva indossandoli o semplicemente appoggiandoli a se stessa per mostrarmeli.
Poi mi giro sul mio fianco e la tristezza si fa palpabile: il suo cuscino, quel cuscino che adesso è vuoto e che ha ospitato i suoi capelli arruffati, ma anche i suoi ultimi giorni. Rivedo la sua faccia che mi sorride, la sua bocca che si avvicina fino a baciarmi, e ascolto la sua voce che ormai non chiama più.
Questi ricordi sono belli, ma forse proprio per questo sono anche più dolorosi.
Molti mi dicono che dovrei sfogarmi, che piangere mi farebbe bene, che dovrei rassegnarmi e che se da lassù hanno voluto così…
Non resisto più, mi alzo e scendo in cucina. Mi preparo un caffé e metto a scaldare il latte.
Con la tazzina in mano guardo fuori dalla finestra e mi accorgo che si sta facendo giorno.
Riflessi nel vetro intravedo i miei occhi tristi. Resto lì in piedi, in attesa di un pianto liberatorio che tarda a venire.
Poi i rintocchi del campanile mi dicono che sono le sette e in quello stesso istante quel pianto, dirompente e pieno di vita, finalmente arriva.
Salgo di corsa al piano di sopra, facendo le scale con pochi balzi. Mi precipito nella camera accanto alla mia e, con delicatezza, faccio entrare la luce del mattino nella stanza.
Lei è lì, nel suo lettino, sveglia e affamata che urla a squarciagola e che si agita. Le parlo e le sorrido mentre la prendo e la tiro su. E’ bellissima con le guance rosse e calde, con il profumo della notte addosso. Continuo a parlarle e a sorriderle mentre le metto qualcosa per non farle prendere freddo. Adesso anche lei mi sorride e il suo sorriso mi annuncia una splendida giornata.
Bravo Roberto, ce l'hai fatta a risollevare la situazione. Sei un GRANDE.
martedì 23 settembre 2008
Parma-Puglia. Estate 2003
J. D. Salinger - 'Il giovane Holden'
Parma-Puglia. Estate 2003
Chiusura di api, incipit di Vlad
C'è afa. Aria bassa. Spero che arrivi, voglio che arrivi subito il temporale: voglio provare ancora sensazioni antiche, provate nelle estati da ragazzo.
Voglio le cose che non ci sono più...
Voglia di scrivere
Cari tutti,
scrivere, come progettare per il bravo architetto o tentare di esprimere le proprie emozioni o illusioni o sogni ecc. per chiunque si addentri in una qualsiasi attività creativa, abbiamo detto e ridetto che deve derivare da una 'necessità', da una 'urgenza' (così piace dire a qualcuno).Urgenza che deve tradursi in opera intelliggibile, concretizzarsi in qualcosa di tangibile (vi vorrei ricordare il rapporto tra realtà e astrazione ecc...) attraverso gli strumenti della tecnica (anche questo già trattato...).MA CHI L'HA DETTO CHE BISOGNA SCRIVERE TUTTI I GIORNI????????????????Abbiamo parlato di 'urgenza' in modo concettuale, non di mal de panza...Se continuate a mitragliare il blog di citazioni, comincio io e... sono cavoli vostri. Oppure riempio lo spazio di foto di rotoballe...
Lap, lap
visto che catia
Non bisogna mai esaurire un argomento al punto che al lettore non resti più nulla da fare. Non si tratta di far leggere, ma di far pensare.
Charles-Louis de Montesquieu
chirurgia estetica
Una donna di mezza età è in ospedale per un banale intervento.
Buongiorno a tutti voi
LA ROCHEFOUCAULD
lunedì 22 settembre 2008
Buongiorno a tutti!
dunque siano per te questi canti.
Walt Whitman
domenica 21 settembre 2008
Incipit
A fatica raggiungo il pulsante, lo premo con un movimento rabbioso.
Ho sonno, non ho voglia di alzarmi. Vorrei dormire, vorrei morire.
Mi alzo sbadigliando. Guardo il mio viso riflesso nello specchio dalla cornice dorata.
No, non può appartenere a me, questo volto dall'espressione disperata.
Caccia
sabato 20 settembre 2008
Ciao Paolo Federici
ciao caro, ci si vede il 3 ottobre a Speed Read...
Io avrò un garofano all'occhiello e una peonia nei capelli fluenti.
Incipit: racconto di Catia Simone
Mi piace osservare la gente, penso mentre la guardo. E’ quello che faccio tutti i giorni, tutte le mattine in questo bar in cui mi rinchiudo dalle otto di mattina fino a mezzogiorno.
E come tutte le mattine desto il mio torpore notturno con una doccia fredda. Sì fredda, cantando “maledetta primavera”. Mi rado, indosso il mio completo blu, una camicia azzurra e una cravatta regimental (ne ho una collezione infinita).Oggi ho scelto quella bordeux a righe senape e blu, quella del mercoledì.
Alfredo, il cameriere marocchino (in realtà ha un nome impossibile), mi riserva sempre il solito tavolo, all’entrata sulla sinistra.
« Dottore il solito?» mi chiede con amichevole cortesia.
« Sì, un espresso ristretto, un cappuccino e due brioche. Mi raccomando bel calde!»
Il mio è un rito quotidiano che si accompagna ad un pensiero costante:
« Cosa penseranno di me, o meglio, chi sia davvero io ai loro occhi, vista l’uniforme manageriale?»
Quello che so davvero è chi sono diventato ai miei occhi: un fallito. Uno non riuscito. Un fallito di nome Antonio Carrisi,origine calabrese e una bella presenza.
Mi sono diplomato per grazia ricevuta e sotto ricatto dei miei genitori. Ragioniere. Il primo biennio sono stato promosso dietro compenso e un motorino. Gli altri due anni successivi mi sono guadagnato due viaggi all’estero e per il diploma ho avuto in regalo una fatiscente Fiat Uno accessoriata con sedili in stato di decomposizione e un motore fire di tutto rispetto.
Fino alla bella età di trent’anni mi sono cimentato in mille mansioni. Giardinere, commesso, rappresentante della Folletto, della Tupperware, di miracolose creme d’alga guam. Insomma sempre circondato da miriadi di casalinghe assatanate. Con guadagni esigui sperperati in acquisti di preservativi e cene a lume di candela. Dato il mio aspetto fisico, il seguito femminile era a dir poco più che apprezzabile. Mi sono finto esperto dj in una discoteca di Pizzo Calabro, di proprietà di noti mafiosi locali. Fino al giorno in cui mi hanno sbattuto fuori a calci nel sedere, solo perché flirtavo platonicamente con la figlia di uno dei due titolari. Ringraziando sentitamente i picciotti esecutori
del pestaggio per il trattamento riservatomi: avevo rimediato solo qualche contusione e qualche costola rotta. Sempre meglio che una pallottola o in alternativa, diventare cibo per pesci carnivori. Finchè, grazie al Buon Dio e a Berlusconi, mi hanno concesso il cosiddetto prestito d’onore.
Realizzando così l’apertura di un negozio in franchising di una nota marca di abbigliamento per bambini, nel pieno centro di Reggio Calabria. Scegliendo con cura il personale, due procaci commesse, portate a letto dal sottoscritto a due giorni di distanza l’una dall’altra (lo so, sono uno stronzo!).
Attività che si è rivelata subito redditizia, da ogni punto di vista.Quindi mamme, mogli, divorziate: una manna per il sottoscritto. Fino a quando….
Era un giorno di primavera, lei entrò mano nella mano con il suo pestifero pargolo. Lei era Annarita - moglie di Angelo Catricalà - e il nanetto col caschetto biondo, il loro unico erede. Sì, erede di un impero basato sull’import export di ittico congelato. Insomma una cliente speciale. Bella era bella: forme sinuose, occhi neri come la pece sottolineati da una leggera riga di matita nera e una bocca piccola e piena leggermente lucidata di rosa. Colpito e affondato. E la cosa era reciproca a quanto pare.
Il giorno dopo tornò all’ora di apertura. Le commesse sarebbero arrivate di lì a mezz’ora. Il camerino divenne la nostra prima alcova, e per un certo periodo di tempo, il posto più sicuro dove accoppiarci senza remore. La sig.ra Catricalà non esitava ad acquistare quantità industriali di tutine, scamiciati, completini,scarpe. Ogni ricevimento, battesimo, comunione - a cui la signora era invitata - erano occasioni d’incontro che soddisfacevano la mia voluttà ed il mio portafoglio. Fingevamo resi inesistenti, difetti di sartoria, errori di taglia, esaurendo il magazzino dalle merci di scorta e dalle campionature che avrei dovuto mettere in saldo.
Fin qui, tutto procedeva a meraviglia. Se solo non avessimo deciso un sabato di primavera di incontrarci a Capo Rizzuto per passare una meravigliosa giornata al mare, soli io e lei.
Quindi comunicai alle mie due dipendenti che avrebbero dovuto badare loro al negozio, poiché ero in balia di un attacco di ipertensione da stress. Lei, la fedifraga (e grande attrice), finse un improvviso bisogno di ricerca del proprio io, per cui, il povero marito, spaventato dallo stato catatonico- depressivo, in cui versava la moglie, le concesse la libera uscita. Purchè rientrasse verso le diciannove a casa e con un sorriso sulle labbra. Erano ospiti di un ricevimento serale a casa di uno dei più importanti armatori della Sicilia.
Detto fatto, ci ritrovammo verso le undici di mattina a Cala di Luna, una piccola insenatura, metà ombra e metà sole. Lei un semplice abito a fiori e un paio di espradillas con zeppa in corda, in puro stile ascetico e io galvanizzato dall’evento e dalla possibilità di scoparmela a cielo aperto. Dio quanto l’amavo!
Infatti la presi subito, lì… lei appoggiata ad uno scoglio, il viso rivolto al sole, i gabbiani e il cielo e il mare che ci osservavano più azzurri e limpidi che mai. Peccato che, presi dalla foga amatoria, non ci accorgemmo che, un po’ più distante da lì, ci fosse una piccola imbarcazione per la pesca a strascico (che forse aveva confuso il mezzogiorno con l’alba). E un canocchiale puntato dritto verso di noi, tenuto da due mani appartenenti a Salvo Calò, dipendente dell’azienda Catricalà.
Non ricordo altro, solo che mi svegliai pesto e dolorante a casa mia, nudo come un verme sul letto sfatto. E con un biglietto sul comodino: « quando ti ripigli, hai tre giorni per sparire, altrimenti ci pensiamo noialtri, u capisti?».
Non aspettai neanche un giorno. A mezzanotte,intontito dalle botto e dal sonno forzato, presi il treno per Roma. Il buio nascondeva anche i lividi. Da quel giorno scese la notte anche nel mio cuore. Avevo perso tutto.
Caspita è mezzogiorno! Saluto Alfredo e lascio sul tavolino gli ultimi spiccioli che mi sono rimasti. Per un anno ho vissuto di rendita e di ricordi. Esco dal bar e mi dirigo verso quel monolocale di fortuna, al piano terra di un palazzo anni ’50, che mi ha accolto in questo anno. Entro…le pareti scrostate, un letto in ferro battuto, un piccolo lavabo e l’acqua fredda che gocciola dal rubinetto rotto. Mi tolgo la giacca e la ripongo nell’armadio con cura. Accarezzo le mie cravatte:« sì… possono bastare ».
E’ mezzogiorno, di un giorno qualunque, di un giorno seguente a ieri. Alfredo osserva quel tavolo, lì all’angolo. « Chissà dove sarà oggi quel povero matto in giacca e cravatta? » pensa. Intanto fuori un brusio di voci che si alternano - sguardi e gesti diretti verso una porta al piano terra di un palazzo dietro l’angolo:
« un uomo… un uomo si è impiccato!».
Sulla porta un foglio:« dovevo solo ufficializzare la mia morte con l’atto estremo. Non piangetemi, Antonio è già morto ufficiosamente su una spiaggia calabrese, ucciso dalla propria vigliaccheria.».
racconto di api e un po' vlad
Ho passato una notte infernale, sono stanco morto e non ho nessuna voglia di uscire dal bar, infilare il portone principale di questo palazzo, salire al piano esattamente qui di sopra ed entrare nel mio ufficio.
Non ho voglia di sentire la voce dei collaboratori, il rumore insopportabile di telefoni che squillano, il fruscio di fax in arrivo.
Non ho più voglia di fare nulla, nemmeno di sorbire questo schifo di caffè che si sta lentamente raffreddando. Silvia se ne sarà già andata di casa, ora, lasciandomi solo il suo profumo sul cuscino. Mi manca già da morire. Ho un nodo allo stomaco.Vorrei andare via anch'io, sparire nel nulla.
E invece sto qui come un cretino a pensare alla mia donna che sta salendo su un treno che la porterà via per sempre da me, da noi, dalla nostra vita, diventata ormai solo la mia. Fisso ancora la ragazza: è' la sua postura, che mi lascia perplesso. Rigida, nervosa, il bicchiere che trema nella mano.
Un'altra che sta soffrendo, come me.
All'improvviso prendo una decisione: mi alzo di scatto, saluto il barista con un gesto affrettato ed esco dalla porta a vetri a passo veloce. Cammino a lunghe falcate, quasi corro. Sono un patetico uomo di mezza età che si muove velocemente tra la folla, l'espressione disperata di chi non ha più nulla da perdere, la goffaggine nei movimenti di chi non fa più sport da parecchi anni. I passanti mi guardano con aria sorpresa, si spostano, sussurrano parole che non percepisco.
Sento un rumore fortissimo provenire da lontano: sembra un tuono, non mi fermo.
Ora sono davanti all'entrata, ho il fiatone, il cuore mi sta scoppiando per lo sforzo.
Scendo correndo i gradini del sottopassaggio, risalgo velocemente. Mi fermo, piegato in due dal dolore alla milza.
La coda del treno per Bologna sembra sbeffeggiarmi: Silvia è là dentro; io qui, come un cretino.
Sommerso da un senso di impotenza e dal disagio di non riuscire a respirare dalle fitte, mi sembra di percepire un rumore odioso: sirene. Tante sirene, polizia, ambulanze, vigili del fuoco.
Mi appoggio al muro, gli occhi sbarrati. Il mio telefonino inizia a vibrare, ma non ho nessuna intenzione di rispondere.
Di fianco a me una donna sta parlando al telefono, gli occhi sbarrati di paura, emette un grido disperato di gola: interrompe la comunicazione mi fissa e iniziando a singhiozzare mi abbraccia,.“Hanno fatto esplodere il bar di Via Gorizia per colpire l'Ambasciata degli Stati Uniti. È appena successo.”
Rimango immobile, come se non avessi capito.
La mente inizia a recepire la portata di quello che è successo.
Io, l'Ambasciatore, inizio a piangere. Sono vivo.
La donna che mi sta abbracciando allenta lentamente la presa e si ritira un po' imbarazzata.
La fisso negli occhi colmi di lacrime e non capisco più dove sono. So solo che sono vivo.
Faccio fatica a riprendermi e mi lascio scivolare lentamente lungo il muro alle mie spalle.
Mi prendo la testa tra le mani e sento dei tuoni in lontananza, al di là dei binari.
Il cielo cupo minaccia un temporale. C'è afa. Aria bassa.
Spero che arrivi, voglio che arrivi subito: voglio provare ancora sensazioni antiche, provate nelle estati da ragazzo.
Voglio le cose che non ci sono più...
Racconto di Robi Ben
19 settembre 2008 22.09
auguri auguri auguri
Api, Vlad, Didi, Lollo, Rudy e Gina si uniscono agli auguri di compleanno per il vecchietto Manuel...
Bacioni oni oni oni oni e divertiti!
giovedì 18 settembre 2008
attenzione!
Studio Gb: mandare sms al volante è peggio che guidare ubriachi
I tempi di reazione si riducono del 35%, percentuale quasi tre volte superiore a quella di chi guida ebbro.
Chi scrive messaggini avrebbe inoltre il 91% di possibilita' di sbandare
mercoledì 17 settembre 2008
INCIPIT
incipit tratto da "Il passato è una terra straniera" di Gianrico Carofiglio, magistrato barese noto giallista.
Prendiamoci anche due giorni, ognuno scrive un proprio racconto, andando lì dove lo porta la propria penna.
Buon lavoro
Etimologia di Bardolino
Delirio di massa per colpa del Cern
Per cui, l'incipit di oggi è:
A Ginevra, la poderosa équipe di fisici aveva lavorato per anni sul progetto più importante dell'ultimo secolo: scoprire la particella di Dio.
Era arrivato il giorno fatidico: 250 persone stavano con il fiato sospeso, gli occhi fissi sull'acceleratore nucleare.
La responsabile del progetto premette l'indice sul pulsante, abbassò le cinque levette, una dopo l'altra.
Vai Mik!
martedì 16 settembre 2008
... continua...
Donna Catalina della Catalogna Y Borgogna. La nobildonna di origine messicane (qui si svela il mistero della sua bassezza) era stata paparazzata giorni prima con il suo famoso amante, il ministro della Kultura Nacional Sandriho Bonderas, detto el Poeta Tamarros, vista la sua propensione letteraria alle rime baciate, con cui inondava le pagine culturali dei più famosi quotidiani nacionali del pais. Indirizzando tali missive ad ogni donzella virtuosa che , soprattutto nei premi letterari, gli si presentava al proprio cospetto.
E fu proprio alla premiazione del Campedellos Veneciano che la statuaria (?) e avvenente Catalina tramortì con un battito di ciglia e una plateale vista della sua abbondante scollatura, il Ministro Bonderas.
La prova che però accertava definitivamente che fosse lei la donna dello scandalo, gli fu data dalle vertiginose zeppe da 30 centimetri, dalla quale lei svettava vanitosamente, tempestate di pailletes color oro, e con le quali aveva addobbato i suoi incontri furtivi con l'uomo politico, e accecato a vita il povero fotografo che aveva osato immortalare la coppia, dedita ad una sveltina
dietro la sequoia di Plaza de Toros.
Lo spezzatino - Incipit di S.E. Cav. Mik Kirk
LA PRESENTAZIONE DELL'ANNO
La massima del giorno
viaggiare è molto più divertente che arrivare:
quando sei arrivato o hai vinto o avverti un grande vuoto.
ORIANA FALLACI
lunedì 15 settembre 2008
Luisa - breve racconto di Catia Simone
Sopraggiunse il mattino. Dalla finestra filtrava un fascio di luce quasi incolore. La pioggia primaverile, ora, era talmente sottile e rarefatta che pareva trasformarsi in vapore acqueo.
Giornata perfetta per indossare il suo trench preferito: un impermeabile color sabbia, tendente al dorato che – insieme agli stivali tacco dieci – la facevano sentire particolarmente sexy.
E in piena sintonia con l’atmosfera da Casablanca che di lì a breve, inconsapevolmente, si stava prospettando.
Appoggiato sulla consolle fine ottocento, situata alla destra della porta d’ingresso, il manoscritto, e sopra di esso le chiavi della lussuosa cabriolet – ultimo oggetto del contendere – di una burrascosa ma proficua separazione.
Il campanello suonò ripetutamente: « Chi è? » domandò Luisa contrariata.
Accidenti, era molto in ritardo, e lei aveva un importante appuntamento con il suo editor.
« Sono io, Giorgio ».
Luisa trasalì: il suo ex socio , ex amante, ex marito (fedifrago e cornuto) osava bussare ancora alla sua porta! La sorpresa le fece perdere l’equilibrio e per evitare di cadere si appoggiò alla maniglia di ingresso che – inevitabilmente - dischiuse la porta.
« Oh Giorgio… entra pure ».
L’uomo si introdusse nella stanza. Indossava un soprabito sul gessato scuro, e un borsalino sulla testa (odiava gli ombrelli). Le mani in tasca, lo sguardo da pesce lesso, la testa leggermente reclinata in avanti: « sono venuto a vedere come te la passi, dopo il divorzio… ».
« E’ gentile da parte tua. Sto benissimo » biascicò Luisa a denti stretti.
Nella sua mente un rigurgito di pensieri velenosi.
… Sto benissimo, fottuto bastardo..sto benissimo…!
Sto benissimo senza il tuo fiato pesante che alitavi ad ogni tuo russare; per non parlare del
verso che emettevi, con piccoli sbuffi a intermittenza. Adesso finalmente dormo.
Sto benissimo perché non devo più assecondare i tuoi appetiti sessuali notturni e diurni, scatenati da un’insulsa ed esagerata passione per la pornografia, con la quale stimolavi la tua libido – ma non la mia. Infatti, preferivo masturbarmi.
Sto benissimo senza le tue bugie… le tue umiliazioni…i tuoi tradimenti.
Sto benissimo nella tua casa, con i tuoi soldi e la tua auto.
Per evitare che i suoi pensieri si traducessero in parole volgari ed offensive, Luisa pensò bene di dissimulare la propria contrarietà simulando un improvviso attacco di incontinenza: la vescica chiamava e lei doveva rispondere.
Giorgio rimase solo in salotto, osservando con rassegnazione la sua vecchia dimora coniugale. Amava ancora Luisa; amava ancora quella casa. Quelle pareti figuravano meglio di qualunque altra cosa, il senso del proprio fallimento come marito e come uomo.
In tono flebile, affermò: « vorrei poterlo dire anch’io ».
« Come? Non ho sentito » urlò Luisa dal bagno.
« Ho detto che vorrei stare benissimo anch’io ».
Luisa tirò lo sciacquone: « le cose non vanno troppo bene, allora?»
Davanti allo specchio mimava espressioni facciali che esprimevano tutto il proprio disappunto e l’enorme seccatura per quel dialogo assurdo e inutile.
Si sentì sprofondare nel ridicolo a tal punto che – pur di non perdere il contegno - trasformò una risata in un sonoro colpo di tosse.
Tornò in salotto… lui le si avvicinò e con un colpo di teatro le prese la mano con forza:
« sento la tua mancanza, Luisa ». “Oddio, qui finisce che si mette in ginocchio e mi chiede nuovamente di sposarlo.” Con un altrettanto colpo di teatro riuscì a ritrarre bruscamente la mano dalla presa di lui; osservò il Rolex in oro bianco e brillanti che incorniciava il suo polso e con grande stupore esclamò: « cazzo, ma è tardi! ».
Lui - impietrito ed esterefatto – dalla volgarità e dalla brutalità con cui lei recise il suo tentativo di approccio, fece un passo indietro.
« Mi dispiace, ma ora è meglio che tu te ne vada »… concluse Luisa, congedando per sempre Giorgio con un beffardo sorriso di circostanza.
Si avviò verso il vialetto del tramonto che portava al parcheggio esterno. Luisa si appoggiò alla porta ormai chiusa e scoppiò in una interminabile e fragorosa risata, trattenuta in gola da troppo tempo. Fuori il sole, e lontano un borsalino che scompariva dietro l’angolo.
O – almeno – così sembrava. Giorgio si appoggiò alla fuoriserie acquistata da poco. La vernice grigio metalizzata rifletteva le piccole stille di acqua piovana che pian piano si evaporavano con il tepore del caldo sole primaverile sopraggiunto di lì a poco dopo il maltempo. Il capo chino e gli occhi a guardare l’asfalto umido: era da tanto che non piangeva.
Con un leggera pressione sulle chiavi, sblocco le serrature dell’auto e vi entrò.
La pelle pregiata era calda e umida come le guance del suo viso. Appoggiò il cappello sul sedile e guardò i suoi occhi disperati nello specchietto retrovisore, finchè non intravide un pezzo di stoffa che poco prima le sue mani aveva toccato. Luisa stava andando via e lui questa volta glielo avrebbe impedito. Per sempre.
Aprì il vano portaoggetti e prese il piccolo revolver già carico.
« A mali estremi, estremi rimedi. Si era fottuta con le sue mani, piccola stupida donna Cosa credevi che ti avrei lasciato libera di vivere la tua vita senza di me? Non posso concedertelo, lo so il mio è uno stupido ed infantile egoismo. Sei riuscita ad andare oltre me ed oltre te stessa. Io invece mi sono fermato davanti al meschino tentativo di diventare l’uomo che avresti sempre voluto .E per questo che ti ucciderò. Perché tu possa portare via la parte peggiore di me che ti ho donato in questi anni. La tua morte sarà la mia rinascita. Ancora una volta mi comporto da bastardo egoista. Ancora una volta tu, la mia vittima prescelta. Ti ho condannata da tempo. Dovrò solo eseguire ».
Solo due colpi. Il sole illuminava il trench color sabbia intriso di sangue e un borsalino che, questa volta, scompariva per sempre.
Dopo un paio di mesi, la lucida copertina rossa di un libro, occupava le vetrine della più importante libreria della città: Luisa Fantoni, best-seller dell’anno! Opera prima di una donna vittima di un gesto immorale che l’ha resa immortale.
Questa volta avevi superato te stessa. Oltre la morte. Oltre la vita. Oltre la sbarre di una prigione.
buonanotte cari soci
me ne vado già a dormire
sono stanca di inveire
e tra un po' vi prendo a botte,
endecasillabicamente vostra,
apina dal pungiglione spuntato dal sonno
CARO EDITORE
vorrei farLe notare che di questo gruppo di fannulloni sono l'unica che cerca di lavorare seriamente.
Anche Vlad, devo riconoscere, lavora parecchio, anche se non sul blob. Lo perdoni.
Per questa ragione, caro Editore, anzi, Carissimo Editore, La informo che, se vuole, visionare la mia opera seconda, la stessa si trova già bell'e che pronta per il Suo graditissimo giudizio.
P.s.: Mi consenta,
Per Editore intendo:
non a pagamento
ben distribuito sul territorio
dotato di bravi editor, uffici stampa e tutto quel che occorre a un bravissimo Autore per sfondare.
Astenersi Perditempo.
domenica 14 settembre 2008
Spiace notare
Domenica settembrina
mentre il cane mi osserva
bagnato come un pulcino:
forse il freddo conserva
più a lungo del caldo,
è la scienza che lo dice,
ma il mio amico Aldo
aveva i reumi alla cervice.
sabato 13 settembre 2008
Indizione comizi per elezioni cariche associative del blog
Presidentessa: Api
Vice presidente ad personam: (Vlad)
Assistente di direzione: (Catia)
Segretario Tecnico: (Mik)
Segretario Comico: (Catia)
Segretario Drammatico: (Vlad)
Segretario Teorico: (Api)
Coordinatore dei terroni: (Catia)
Responsabile per le isole: (Mik)
Responsabile per il resto del mondo: (Vlad)
Direttore responsabile: (Api)
Usciere: (Vlad)
Portiere: (Mik)
Pilota di eliambulanza: (Catia)
Addetta alla cyclette: (Catia)
Operatrice di ceretta: (Api)
venerdì 12 settembre 2008
giovedì 11 settembre 2008
eccomi qua!
Dedico ai miei compagni di viaggio una poesia di Costantinos Kavafis
Per quanto sta in te
E se non puoi la vita che desideri
cerca almeno questo
per quanto sta in te: non sciuparla
nel troppo commercio con la gente
con troppe parole e in un viavai frenetico.
Non sciuparla portandola in giro
in balìa del quotidiano
gioco balordo degli incontri
e degli inviti,
fino a farne una stucchevole estranea.
mercoledì 10 settembre 2008
Ma Ki Te Vole
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- e' arrivato anche Valerio Varesi...
- Racconto di Catia Simone: Il risveglio
- secondo film preferito
- La massima del giorno
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- BIG Ben!!!!!!!!!!!!!
- Parma-Puglia. Estate 2003
- Chiusura di api, incipit di Vlad
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- Buongiorno a tutti!
- L'astrazione trae alimento dalla realtà quotidiana...
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