sabato 10 gennaio 2009

21

Annamaria Ercilli: una poetessa.

Annamaria mi ha concesso il privilegio di raccontarsi in una mattinata di inizio gennaio, limpida come le sue parole e gelida come si conviene ad una giornata invernale.
Siamo partite dall’infanzia, dall’acqua - elemento dominante e determinante nella vita di Annamaria, nelle cui vene scorre la maestosità e la tempra dei monti trentini e il meraviglioso mare delle coste liguri. Lei ha scelto il mare, che ama all’infinito.
La passione della poesia nasce dai banchi di scuola e procede di pari passo con la sua vita.
Immortalata in parole pulite ed ordinate, mirate e precise in una lirica che coglie solo l’essenza di ciò che la sua anima fotografa quotidianamente. E di ciò che i suoi occhi fotografano quotidianamente: la passione smodata per la fotografia cammina fianco a fianco con le sue rime.
Fiori, animali, natura, mare. Per lei l’amore è tutto quello che riesce a vedere dietro ogni figura.
Nulla è lasciato al caso, neanche una virgola. Le sue poesie sono asciutte, prive di inutili orpelli e fronzoli linguistici. Parole che solcano l’anima di chi le legge. Parole curate, ricercate.
Il suo poeta preferito nella sua infanzia è stato Pascoli, anche solo per l’ordine e la ricerca mirata dei soggetti fonte di ispirazione. Amante da sempre anche dei fumetti è anche autrice di racconti che pubblica su una rivista di volontariato.
Il suo pensiero sulla poesia contemporanea lo esprime citando un suo caro amico poeta e professore universitario: “ oggi la poesia, nel postmoderno, non ha più indirizzi di stile e di forma. Tutto porta ad una libertà di scrittura priva di una critica seria e propositiva, che non riesce ormai più a selezionare e unire movimenti culturali e di pensiero, al di là del mercato editoriale”.
Concludo ringraziando ancora una volta Annamaria per l’attenzione che ha dedicato a me e al nostro blog.
Annamaria ha scritto e pubblicato cinque libri di poesie.
Dall’aria, alla terra, all’oblio è uno dei primi pubblicati:
- Voci e polvere –
Raccoglie frammenti
di nulla
ricordi e sembianze
remiganti lucenti
scaglie di luccio
l’ultima muta dell’efemera
petali, forse di aconito
un nulla sterile
odore di assenzio
ritagli di stampa
parole chiazzate di oblio
dal fondo rammentano
il dolore dell’uomo
grida e tramestio di fuga
la stanza si svuota per un altrove- luogo
molto assolato torrido
dove il vento rotola anni di tempo
polveri voci portate
carcasse felici diradano dal miraggio.

Un piccolo omaggio ad Annamaria dal suo poeta preferito:
Carlos Drummond de Andrade
Nel mezzo del cammino c’era una pietra
c’era una pietra nel mezzo del cammino
c’era una pietra
Nel mezzo del cammino c’era una pietra.

21 commenti:

Anonimo ha detto...

Che noia la poesia, mi annoia
la poesia..., che noia
la poesia..., mi annoia
la poesia

Catia ha detto...

Ed è giusto rispettare anche la tua opinione.

api ha detto...

Bravissima, Catia.
Braverrima Anna Maria.

Anonimo ha detto...

Scuasatemi, ma sono un insensibile uomo dal cuore mineralizzato e con il cervello rallentato dal colesterolo post-vacanze-in-italia.
La mia é tutta invidia; grande rispetto per i poeti!

Anonimo ha detto...

Il poeta è quello dei vecchi circoli parigini dove si fumava oppio e si beveva assenzio. Il poeta è di per sè fuori dal mondo e dentro il mondo. E' un ectoplasma , vola dovunque. Il poeta è quello che soffre per creatività, è quello che mette il cuore in subbuglio tutta la notte per trovare un verso che possa riassumere 400 pagine di un romanzo . Il poeta è quello che sa che non è moderno e va contro corrente e nella corrente risale le vene dei lettori sensibili. Io sono uno strafottuto poeta!

PPP2009

Catia ha detto...

grazie Pablo.

Anonimo ha detto...

Ehi PPP, quando voli sopra la Sardegna fatti riconoscere, mi raccomando!
Xero

Anonimo ha detto...

grazie Catia della tua passionale vicinanza a me e all'acqua.

Ibico
Sicura è ogni gomena
lontana dall'onda.

Non so quanti poeti sono ospiti della mia casa, tanti libri e mai nessuno è l'ultimo.

un abbraccio a te
a tutti voi
anna maer

api ha detto...

grazie, anna maria.
non vedo l'ora di conoscerti al raduno MKTV sul Lago di Garda...

Anonimo ha detto...

raduno sul Garda?
quando, quando?

anna maer

Vlad ha detto...

Ma al raduno sul Garda c'è la piscina riscaldata con la cyclette 'mossa' da rex? Perchè se è così ci vengo anch'io; per incontrare rex naturalmente. Non scherzo, tra vecchi barbogi ci troveremmo bene... Davvero, non scherzo!

Ma passiamo alla poesia.
Bravissima Annamaria!
Io non so cos'è la poesia, anzi lo so benissimo. C'è la poesia riconosciuta da tutti come tale, quella scritta con le parole sulla carta. Ma la poesia è in qualsiasi cosa che provenga dalla mente umana che tenti di esprimere uno stato d'animo e cerchi di trasmettere delle sensazioni. La poesia è, come dice Pablo, un concentrato di sentimenti (non necessariamente frutto di un viaggio in compagnia dell'oppio o dell'assenzio...). La poesia è comunicazione, la poesia è coinvolgimento, la poesia è Arte; e l'Arte è l'unica vera via per l'immortalità. Rischierò di risultare noioso, ma la poesia è per tali motivi anche l'Architettura, quella vera, quella necessaria, quella scritta con la luce che accarezza una parete o filtra attraverso una fessura; il resto è stupida, banale e ordinaria edilizia. Fate una prova: andate a Montecitorio a primavera inoltrata, fermatevi di fronte al Palazzo e osservate, prima di mezzogiorno, la luce radente del sole che sfiora sensuale le increspature dei davanzali. Gli inserti scultorei, voluti da Gianlorenzo Bernini a incastonare nella partitura geometrica del testo architettonico alcuni frammenti rocciosi, si eccitano all'invito della luce, e si eccitano i nostri sensi; restiamo di stucco. Bernini, il suo pensiero, la sua poesia si rinnovano ogni volta in questa danza; ed è immortalità.
Ma la poesia non nasce dal semplice istinto; la poesia è frutto di un progetto (cioè di un pensiero), e tale pensiero non può esistere senza conoscenza. Chiamatela cultura (anche se tale definizione può trasmettere erroneamente la sensazione che si tratti di cose serie da vecchi barbogi...), chiamatela come volete (esperienza se preferite...); ma la verità vera è che non si può prescindere da questa condizione, necessaria per tradurre maieuticamente in cosa tangibile ciò che esiste già davanti ai nostri occhi nella quotidianità, ma che solo in pochi riescono a vedere.

Ora, dopo questa noiosa dissertazione, e a proposito dei bevitori d'assenzio, così tanto per spaziare, vi propongo un quizzettino notturno...
Chi ha dipinto, tra i tanti, un famoso quadro conservato alla Gare d'Orsay a Parigi, che ritrae i bevitori di paolopabloperettiana memoria?

Ohilalà! Anche stanotte ho fatto la mia bella figurona da vecchio barbogio...

Va bene, va bene; buttiamola sul ridere.
Tre vecchietti, Mik, Rex e Vlad si trovano al parco.
Mik si lamenta e dice: - Cari miei, come si invecchia alla svelta! E' da un po' che se mi chino per allacciarmi le scarpe, con la pancia che mi ritrovo, non riesco neanche a vederle. Non ho più quel bel fisico asciutto che avevo a quarant'anni!-
Allora attacca Rex: - non dirlo a me! Ieri mi è scappato il guinzaglio del cane; gli sono corso dietro ma non ce l'ho fatta. Dopo pochi metri ho dovuto fermarmi, non avevo più fiato. Mannaggia, non ho più l'energia di una volta! E tu Vlad, vecchio mio? Come va?-
Vlad ci pensa un istante e dice: - Ma cosa volete che vi dica? In effetti il tempo passa! Ieri ero in salotto e la nostra domestica, sapete quella bella giovane mulatta che abbiamo assunto da poco, era in cima alla scala che spolverava i libri. Mi sono avvicinato, ho sbirciato sotto la gonna e ho allungato la mano-
- E allora? - dicono gli altri due con interesse. - Allora niente. Lei c'è stata e poi mi ha rimproverato, lamentandosi che quel giorno era gìà la terza volta che lo facevo...-
- Ma allora tu di cosa ti lamenti!-
- Beh, è proprio vero che il tempo passa; non ho più la memoria di una volta...-

Anonimo ha detto...

E' forse un Degas, quello a cui ti riferisci? L'ho ammirato proprio al museo d'Orsay, che meriterebbe di essere visitato anche solo per la sua struttura, non trovi? Affascinante pensare che prima era una stazione: è rimasto pur sempre un luogo di passaggio, e di incontro, per molte persone che arrivano da tutto il mondo.

Mi compiaccio, Vlad, per i toni leggeri della seconda parte del tuo post. La leggerezza giova all'animo di chi la propone e di chi la riceve.

Buona domenica e un abbraccio a te, famiglia e sociblog.

Anonimo ha detto...

I miei complimenti ad AnnaMaria.

Carissima, quando mi "affaccio" nel tuo blog mi sembra di entrare in una poesia.
La tua delicatezza, le splendide foto, le tue parole: un cerchio perfetto.
Difficile aggiungere commenti che non risultino banali.
Un sincero augurio per la lettura della prossima settimana.

Maria

Vlad ha detto...

ECome al solito, brava Maria! E' proprio Degas.
Posso dissentire sul museo parigino?
La Gare era meglio prima dell'intervento di Gae Aulenti. Quei pietroni e quelle geometrie che alludono ad antiche masse azteche-assiro-babilonesi (e chi pù ne ha più ne metta...), ripassate nella farina dell'ottocento, e fritte nell'olio di semi del postmoderno (utilizzato ormai troppe volte e diventato nero...) rischiano di offendere le meraviglie esposte. Anche a Parigi, come a Venezia nel recupero di Palazzo Grassi, la Gae ha fatto proprio un lavoro da casalinga!... (meno male che ora a Palazzo Grassi c'è passato Tadao Ando).
Chi voglia vedere come ci si aomporta rispettosamente e modernamente col passato, prima passi a Montecitorio, poi se ne vada a Parma in Pilotta alla galleria Nazionale o a Siena al Santa Maria della Scala: coinvolgimento e commozione al livello più alto. Altissima cucina, poesia della luce.
La storia va raccolta, interpretata e cucinata con grande sapienza.
Piuttosto, la sapete l'ultima?...

Anonimo ha detto...

Oh, davvero Vlad, l'esterno non ti piace? Parlo di quello che c'era già naturalmente.
Il tuo è un giudizio espertissimo sui "ritocchi" ma io me ne intendo zero.
Forse ti sconvolgerò ma amo poco (se non nulla) certe "opere d'arte" moderne, soprattutto là dove vanno a interferire con qualcosa che aveva già una sua forma. Soprattutto se molto antico.
Della famosa (o famigerata?) Gae Aulenti ho molto ben presente l'ago e filo di piazza Cadorna a Milano che io, nella mia più totale ignoranza, gradisco come forma ma di cui trovo orribili i colori. Non sarebbe stato meglio niente?
Ti ho scandalizzato, eh?
Però non cacciarmi dal blog, please!!

Catia ha detto...

Vlad bell'intervento. Grazie anche a Maria.

Vlad ha detto...

Cara Maria, non mi hai certo scandalizzato; si tratta di parlarne e, se vuoi cambiare idea sul Moderno come lo intendo io e come lo intende la Storia (pensa alla grande modernità di Filippo Brunelleschi, per citarne uno...) vai a Parma e a Siena a visitare le cose che ho proposto stamattina.

Comunque,'ago e filo' non è di Gae Aulenti ma di Oldenburg; Gae Aulenti è autrice dell'orrenda addizione alla Stazione ferroviaria che ci sta dietro (vale quanto ho detto nell'intervento precedente).
baci baci

Anonimo ha detto...

Vedi quanto sono ignorante, Vlad? Io credevo fosse della Aulenti.
Sempre aperta a qualsiasi cambiamento e sarò lieta, capitando a Siena e a Parma, di andare a "lustrarmi gli occhi"
Buona settimana a tutti!

Catia ha detto...

buongiorno a te Maria

Anonimo ha detto...

cari amici, ecco un breve saluto per voi, vi leggo di tanto in tanto, ma scrivere in ogni spazio... non è possibile. Spero di conoscervi tutti di persona all'incontro di...
Ciao Vlad, Catia, Pia, ciao Maria fatti trovare, un abbraccio

forse preparo una pubblicazione, scrivo scrivo malgrado abbia superato i fatidici anni 40 creativi.

anna maer

api ha detto...

ciao annamaria...
grazie per i saluti: ci conosceremo al MaKiTeVole raduno!
dài che ce la fai, chettefrega dell'età.

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