Nel buio della piazza, mi ha colpito un negozio da cartolina vittoriana.
L’insegna Sogni&Bisogni, dipinta a mano in giallo becco d’oca su un fondo blu notte, mi ha incuriosito.
In vetrina, sdraiati come fazzoletti, costosi volumi fotografici di alberghi incorniciati da romanzi. Il Quisisana di Capri e le lettere di Simone de Beauvoir a Sartre, Assassinio sull’Orient-Express di Agatha Christie accanto al Pera Palas di Istanbul; una biografia del Danieli di Venezia e un volumetto blu con il carteggio di George Sand e Alfred de Musset. Ho spinto la porta a vetri e la campanella ha segnalato la mia presenza a due gambe da fenicottero che spuntavano da un kilt.
Nelle due stanze dalle pareti rosso vinaccia, e soprattutto nella terza, più piccola, in un delicato albicocca, si respirava il buon odore dei libri.
Gli scaffali di legno decapato grattavano i soffitti a cassettone, facendo ala a due grandi tavoli da sartoria in noce massiccio. Dalle finestre, tende in cotone spesso strisciavano a terra.
Dalle ceste di vimini spuntavano riviste e illustrati.
Sulle pareti, fotografie in bianco e nero con didascalie utili a chi, come me, non sapeva chi fosse tutta quella gente: una signora spettinata dagli occhi furiosi (una certa Colette) lancia dalla finestra grani di riso ai piccioni accanto al faccione rubizzo di Ernest Hemingway che ammicca a un Harold Pinter dal volto affilato. Domestico: ecco cosa mi piaceva di quel posto. Aveva l’aspetto di un appartamento un po’ troppo “Marie Claire Maison”, un po’ tanto femminile, ma avvolgente. Brava. Chiunque sia il tuo arredatore.
Sono salito al piano superiore e ho attraversato il corridoio di scaffalature, dove gli “Amori senza speranza” si stringevano tra il reparto “Da qui all’eternità” e le “Missioni impossibili”. In fondo, tre tavolini, due poltrone a quadri, beige e vinaccia, un vecchio banco da macellaio, sul quale uno spirito da perpetua meticolosa aveva sistemato dei thermos, bustine di tè e polvere di caffè solubile.
Mi aggiravo per la libreria quando ti ho vista appollaiata su uno sgabello, sollevata in un inviolabile avamposto.......
In vetrina, sdraiati come fazzoletti, costosi volumi fotografici di alberghi incorniciati da romanzi. Il Quisisana di Capri e le lettere di Simone de Beauvoir a Sartre, Assassinio sull’Orient-Express di Agatha Christie accanto al Pera Palas di Istanbul; una biografia del Danieli di Venezia e un volumetto blu con il carteggio di George Sand e Alfred de Musset. Ho spinto la porta a vetri e la campanella ha segnalato la mia presenza a due gambe da fenicottero che spuntavano da un kilt.
Nelle due stanze dalle pareti rosso vinaccia, e soprattutto nella terza, più piccola, in un delicato albicocca, si respirava il buon odore dei libri.
Gli scaffali di legno decapato grattavano i soffitti a cassettone, facendo ala a due grandi tavoli da sartoria in noce massiccio. Dalle finestre, tende in cotone spesso strisciavano a terra.
Dalle ceste di vimini spuntavano riviste e illustrati.
Sulle pareti, fotografie in bianco e nero con didascalie utili a chi, come me, non sapeva chi fosse tutta quella gente: una signora spettinata dagli occhi furiosi (una certa Colette) lancia dalla finestra grani di riso ai piccioni accanto al faccione rubizzo di Ernest Hemingway che ammicca a un Harold Pinter dal volto affilato. Domestico: ecco cosa mi piaceva di quel posto. Aveva l’aspetto di un appartamento un po’ troppo “Marie Claire Maison”, un po’ tanto femminile, ma avvolgente. Brava. Chiunque sia il tuo arredatore.
Sono salito al piano superiore e ho attraversato il corridoio di scaffalature, dove gli “Amori senza speranza” si stringevano tra il reparto “Da qui all’eternità” e le “Missioni impossibili”. In fondo, tre tavolini, due poltrone a quadri, beige e vinaccia, un vecchio banco da macellaio, sul quale uno spirito da perpetua meticolosa aveva sistemato dei thermos, bustine di tè e polvere di caffè solubile.
Mi aggiravo per la libreria quando ti ho vista appollaiata su uno sgabello, sollevata in un inviolabile avamposto.......