lunedì 23 febbraio 2009

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Uno strano odore nell'aria

C'è una strana foschia nell'aria, e una puzza che non riesco a definire: i contorni degli edifici che altre mattine dal mio balcone riesco a vedere con nitidezza, oggi sembrano tremolare, nella luce grigia di questo inizio di mattino. Lo chiamano smog. Se piove tutto bene, ma se non cade l'acqua dal cielo per qualche giorno è impossibile lavare via dall'aria che respiri questa presenza venefica.

Scendo per andare al centro commerciale di Sesto. Il transessuale sudamericano dai lunghi capelli biondi (colore di una scopa di saggina, mi pare) è affacciato alla sua finestra proprio sopra il Bar Reia, un bar gestito da peruviani o boliviani, non saprei: sulle vetrate scritte in spagnolo pubblicizzano i loro piatti tipici, ma ricordo solo arroz, riso. Di fronte c'è la bottega di un altro sudamericano, che ha le vetrine piene di pacchetti di farina di manioca e altre robe dei loro paesi: ogni giorno che passo, c'è un camion che scarica merce. Un uomo di colore, troppo anziano per fare il facchino, carica dei sacchi di non so cosa su un carrellino, e si infila in un portone, di fianco al negozio.

Prendo la metropolitana: è sabato mattina, e le carrozze sono deserte. Qualche ragazzo che forse ha saltato la scuola; di fronte a me una signora anziana che ascolta musica da un lettore mp3; sulla sinistra un tizio che legge con attenzione Il sole 24 ore, e io che li osservo. Alla fermata scendo e aspetto venti secondi che arrivi l'autobus: altri cinque minuti e sono in piedi ad aspettare il tram. La giornata adesso è luminosa, il cielo azzurro: il tram è lunghissimo, e vuoto, molti pensionati, un paio di ragazzi che scendono alla fermata prima della mia. O meglio, sono io che scendo, sbagliando, alla fermata dopo la loro, che avrebbe dovuto essere anche la mia, ma io sono nuovo di queste parti, e non sono pratico di distanze e di fermate.E allora mi tocca camminare un po' a piedi: le strade sono larghe, le auto sfrecciano, ma davanti ai semafori siamo tutti uguali, io e loro, una volta mi fermo io, una volta si fermano loro. Poi lo vedo, davanti a me: immenso, scintillante, gonfio di vetri e di colori, il centro commerciale mi invita a entrare. Ma non è di questo che voglio parlare.

Al ritorno sono ancora alla fermata dell'autobus, per tornare a casa: salgo dalla porta posteriore, come mi hanno insegnato i miei avi, e subito un puzzo di sudore e di sigarette mi investe l'odorato. Dritto davanti alla porta c'è un tale, piccolo, la barba incolta, i baffi, un cappellino e un giubbottino sporchi, un sacchetto grigio di sporcizia in mano. Faccio pochi passi avanti, verso la macchinetta per convalidare l'abbonamento: la puzza c'è ancora, ha impestato un autobus, penso con disgusto tra me e me. Ma ce ne è un altro, seduto alla mia destra: stesso sguardo, stessi baffi, uno zainetto a tracolla. Tra i due sembra il capo, perchè quando alla fermata successiva scende l'altro lo segue, a distanza: adesso possiamo respirare. Incrociano una ragazza nel loro cammino: quello davanti fa uno strano sorriso, forse il ricordo piacevole di tempi migliori.

La stessa puzza, la stessa miseria nello sguardo di quel tale che stamattina suonava l'armonica a bocca in metropolitana: vestito di scuro, occhiali e barba lunga, dopo aver suonato non so che diamine di canzone si è aggirato tra noi indifferenti brandendo una tazza e un foglio di carta protetto da una busta trasparente. Non ho fatto in tempo a leggere cosa ci fosse scritto: forse una richiesta di pensione, forse una domanda al sindaco.

E' sceso alla mia stessa fermata: l'ho superato agilmente perché camminava con fatica, la schiena curva, la mano che cercava sostegno sui muri affollati di cartelloni pubblicitari: mi è sembrato che avesse difficoltà a muovere le gambe, sembrava trascinarle, sulle spalle uno zaino verde scuro in cui mi è sembrato intravedere il contorno circolare di una tazza, o di una bottiglia.

E poi sono tornato alla luce, verso la fermata dell'autobus: che era già lì e sembrava aspettarmi, e io mi sono messo a correre perchè temevo che andasse via senza imbarcarmi.

Ma non ho proprio il fisico per una corsa in quest'aria fredda.

4 commenti:

api ha detto...

lo strano odore nell'aria...
ti seguiva, vero?

bellissimo, mik.
non riesco nemmeno a prenderti per il lato b.

Micheluzzo ha detto...

No, non mi seguiva: era ovunque, intorno, sopra, sotto di me.
Forse lo smog è Dio, ed è qui per ricordarci qualche cosa che ancora ci sfugge.

Ben ha detto...

Invece, forse, è il diavolo: lo vedo più avvezzo all'effetto fumo.

Micheluzzo ha detto...

In questo caso, Ben, si spiegherebbe la puzza...

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