lunedì 23 novembre 2009

35

Da questa frase comincio a capire qualcosa....


Per saper scrivere bisogna aver letto,
e per saper leggere bisogna saper vivere.


Guy Debord


Cfr:, anno xii, numero 2, novembre 2009.

35 commenti:

Ben ha detto...

Adesso bisognerebbe sapere cosa si intende per saper vivere.

xenia ha detto...

mi sembra una frase a effetto, scorporata dal testo.

Massimo pignoletto ha detto...

d'accordo con la prima parte, meno con la seconda. Cosa s'intende per saper vivere? E cosa c'entra il saper vivere con il saper leggere? Dov'é il nesso? Se un aforisma genera più domande che risposte, c'é un problema nell'aforisma.

Massimo pignoletto ha detto...

Già, cosa s'intende per saper vivere? E dov'é il nesso tra saper vivere e saper leggere? Mi sfugge qualcosa...

Massimo ha detto...

Ooops, doppio post, ma il primo non me lo aveva preso...

Vlad ha detto...

Non mi sembra che ci sia molto da capire.
Forse basta intendere il termine 'leggere' andando appena al di là del semplice decifrare un insieme di lettere unite a formare parole, unite a formare frasi...
Forse significa solo saper interpretare quello che ci offre l'esistenza?
Forse significa sapere essere sufficientemente 'curiosi' per non essere mai soddisfatti solo della prima impressione?
Forse significa non dare mai nulla per scontato?
Forse significa che ora farei meglio a starmene tranquillo a cazzeggiare anziché tornarmene in studio ad andare avanti coi progetti?
O forse il contrario?...

xenia ha detto...

o forse.. forse è un tipo di avverbio incavolativo?
dai, Vlad, non te la prendere con me e con Massimo. a me, per esempio, il 'saper vivere' proprio non mi scende. forse perché credo non imparerò mai. forse.

Vlad ha detto...

... forse, anzi no, è certo, ora torno in studio. E non me la prendo con nessuno...

Micheluzzo ha detto...

Mettiamo ordine:
1 - prima si vive;
2 - poi si legge;
3 - infine si scrive.

Tutto lineare, o no?

Probabilmente si tratta anche di un problema di traduzione dal francese.

api ha detto...

a me fa pensare al modo con cui leggo (e vivo io).
divoro un libro in un paio di giorni, a volte in una notte, spesso mi accorgo di vivere allo stesso modo.
e allo stesso modo scrivo, ed è per quello che trovo una tortura soffermarmi a correggere, a pensare, a mettere in discussione quello che io stessa ho partorito.

Insomma, trovo questa frase PERFETTA.

Vlad ha detto...

... si prosegue nel post successivo...

Ines ha detto...

Salve a tutti. Ciao, ciao, ciao e scusate se ho dimenticato qualcuno.
Sarò poco profonda, mettiamola così, ma questa frase non la capisco proprio.
Saper scrivere: tutti sappiamo scrivere. Cosa si intende?
Bisogna aver letto: leggere molto e poi ancora molto - lo sappiamo tutti - ci aiuta a migliorare nello scrivere.
Saper leggere: tutti sappiamo leggere. Cosa si intende?
Saper vivere...cosa significa?
Ma cosa ci insegna a vivere se non la vita stessa?
Perdonatemi la schiettezza ma Guy Debord ha voluto scrivere una frase ad effetto, secondo me, ma stringi stringi.....
Senza alcuna pretesa io la metterei così:
"Per scrivere bisogna vivere".
Mi ritiro con la coda tra le gambe.
Un saluto a tutti

Vlad ha detto...

tutti sappiamo scrivere?
Sei sicura cara Ines?

Vlad ha detto...

... http://forum.corriere.it/leggere_e_scrivere/20-11-2009/del-discernimento-e-de-il-soccombente-111109-1405199.html...

Ines ha detto...

Tutti sappiamo scrivere, Vlad, perché tutti sappiamo comporre un testo o un racconto, magari anche un romanzone.
Il discorso cambia se parliamo di quanto di te ci metti dentro, in ciò che scrivi, nelle sensazioni, nelle emozioni che tu provi, perché se non le provi non riesci neanche a scriverle.
E se anche le provi non basta: devi trovare le parole giuste, quelle e non altre per te, per trasmettere il tuo "sentire" a chi legge.
E anche quando le hai trovate non basta: devi rileggere e aggiustare, togliere, aggiungere, limare, sfrondare o arricchire.
E qui arriva la fatica dello scrittore di cui parlavate in un altro post: un pesante lavoro di manovalanza allo stato puro e piuttosto indigesto, ma inevitabile.

Vale per la scrittura e per la lettura, secondo me: non si può scrivere nel senso che intendiamo qui se non ci metti l'anima; non si legge veramente se non ci metti l'anima.

Cosa pensate che sia il talento di cui si parla tanto, allora?

Vlad ha detto...

appunto, cara Ines. Vedi che allora sei della mia idea: non tutti sanno scrivere.

'E qui arriva la fatica dello scrittore di cui parlavate in un altro post: un pesante lavoro di manovalanza allo stato puro e piuttosto indigesto, ma inevitabile.' sostienei tu.
Non sono d'accordo. La fatica comincia prima, e la fase di verifica (di rilettura e controllo), quella del 'follow trough' come di direbbe in certe discipline sportive (anche su questo argomento ho già espresso qualche parere in precedenza), non è 'manovalanza pura' bensì forse la fase più concettuale del processo creativo...

Ines ha detto...

Scusa, Vlad, ma quando comincia la fatica, secondo te?

Vlad ha detto...

la fatica comincia quando si viene al mondo...
E in questo senso ci si riallaccia al 'saper vivere'.
Attenzione! Non è mica detto che faticare significhi fare le cose solo controvoglia e soffrendo...
Significa conquistarsi la vita con soddisfazione, con consapevolezza e impegno, focalizzando gli sforzi verso una direzione precisa, quindi attraverso una ricerca, cioè una attività che, insisto, non è possibile praticare solo nei ritagli di tempo per hobby, cioè per passare il tempo, magari cercando distrazione da altre insoddisfazioni. Altrimenti saremmo tutti capaci di fare tutto...
E ciò non è possibile.

Ines ha detto...

E su questo siamo d'accordo, Vlad: corrisponde, anche se espresso in modo diverso, al "metterci l'anima" anche nel vivere di cui parlavo prima.
Ma tu hai parlato di "fatica dello scrittore" e ti chiedevo quando inizia, secondo il tuo parere, la fatica dello scrittore.
"La fatica comincia prima..." affermi: quando esattamente?

Ines ha detto...

Scusami, Vlad, ma rileggendo ho notato che ho parlato del metterci l'anima per scrivere e leggere, ma non ho precisato che occorre metterci l'anima anche per vivere.
Credevo di averlo detto.
Partendo dal presupposto che qualunque cosa facciamo nella vita dovrebbe essere portata avanti con passione, determinazione, attenzione, cura, sensibilità...BASTA!! Scusami/scusate.
Detto questo e tornando allo scrivere quando inizia la fatica?

maria ha detto...

Scusate se mi intrometto non essendo una scrittrice ma è così importante definire quando comincia la fatica?
Non pensate, invece, che ogni scrittore abbia un suo personale approccio all'atto dello scrivere e che, comunque, la scrittura rappresenti un momento irrinunciabile, fatica o non fatica, nella sua vita?

Vlad ha detto...

Quando inizia la fatica? E cosa ne so? Mica faccio lo scrittore... per ora. Scherzo.
Per quanto riguarda la 'fatica' legata all'atto creativo in generale nella sua complessità posso osare un parallelo con il concepimento, la gestazione e la crescita di un figlio?
La creazione (fatica) credo nasca quando si sente il desiderio di concepire un figlio, lo si immagina, lo si desidera, lo si sogna; in qualche modo lo si 'progetta'. Poi lo si consepisce (anche quel momento è in qualche modo una 'fatica', una dolce, entusiasmante, appagante 'fatica').
E la passione continua nel vederlo crescere, nel guidarlo, nel tremare osservando con ansia ogni piccola evoluzione, fino a provare l'incommensurabile soddisfazione nell'accorgersi che le proprie 'fatiche' non sono state vane. Sarà un po' retorico, ma è così.

Aggiungerei che che per me, la fatica professionale è iniziata tantissimo tento fa e prosegue senza interruzione (ora sono ancora in studio e mi sono permnesso uno stacchettino e una sigaretta...).

Ines ha detto...

Ciao, Maria, secondo me non occorre essere scrittori per "intromettersi", anzi visitando questo blog ho spesso l'impressione che pochi vogliano "intromettersi".
Ma questa è una mia opinione.
Sì, Maria, hai ragione forse ho deviato il discorso, ma va così...si parte da un punto e si arriva altrove.
Vlad, ho parlato di concepimento, gestazione, parto (quale metafora per la scrittura), nel mio sito.
Ma Api, che sostiene di cominciare a capire qualcosa da questa frase di Debord, potrebbe far capire qualcosa anche a me, visto che mi sembra tanto vacua e poco illuminante?
Ecco ho ripreso il filo.
Per ora vi saluto con affetto.

maria ha detto...

Aspetta Ines!
Prima lascia che mi complimenti con te per la tua poesia sulla ruga che Duccio ha pubblicato a puntate nel forum del Bon Ton.
Veramente simpatica: mi ha fatto pensare al grande Trilussa che ho sempre trovato irresistibile.
Davvero brava!
Ciao!

Ines ha detto...

Grazie di cuore, Maria.
Beh, essere accostata al Trilussa, mamma!
Sei comunque molto gentile e sono contenta che tu l'abbia apprezzata.
Ciao!

maria ha detto...

Ma no, Ines, non ringraziarmi. Il complimento è meritato.
Sei stupita per l'accostamento? Credevo te lo avessero già detto in molti che hai il tono irriverente e il ritmo che fa pensare a Trilussa.
Ragazzi, io depongo le armi...e vado a nanna.
Buonanotte a tutti!

Massimo ha detto...

Scrivere bene é faticoso come fare bene l'amore.
Come vi sembra questa?
;-)

Vlad ha detto...

Massimo, che fai, copi?...

api ha detto...

ciao Ines!!!!!!
ma io l'ho già spiegata in un commento precedente...
:-(

"a me fa pensare al modo con cui leggo (e vivo io).
divoro un libro in un paio di giorni, a volte in una notte, spesso mi accorgo di vivere allo stesso modo.
e allo stesso modo scrivo, ed è per quello che trovo una tortura soffermarmi a correggere, a pensare, a mettere in discussione quello che io stessa ho partorito.

Insomma, trovo questa frase PERFETTA."


ma è una faccenda del tutto personale, un modo mio di leggere tutto di un fiato perdendo i particolari (non a caso detesto leggere, tradurre e scrivere DESCRIZIONI, mentre adoro leggere, scrivere e tradurre dialoghi....

Ben ha detto...

Ah, Massimo. Ci voleva uno che ci fornisse la spiegazione di quel "saper vivere".
Per quanto riguarda le fatiche, se mi verrà chiesto durante la diretta del pomeriggio, cercherò di arrivare a un compromesso, dicendo che molti affermano che la scrittura richiede molta fatica, ma che questa è compensata dalla soddisfazione di vedere il lavoro realizzato.
Buona giornata a tutti!!

Massimo ha detto...

@vlad: non copio, ho cercato di riassumere... ;-)

Ines ha detto...

A Massimo di questo aforisma sfugge qualcosa: beato lui.
A me sfugge tutto. Sto messa male, lo ammetto.
Però vi avevo avvertiti che non mi convinceva.
Di sicuro, Api, tu hai un temperamento mooolto diverso dal mio e non serviva Debord per capirlo: forse per questo tu lo trovi perfetto e io non ci trovo nulla di significativo.
A Maria vorrei dire (e perdonatemi la parentesi personale, ma trovo educato rispondere) che molti mi hanno accostato a Trilussa e hanno scomodato anche il Belli per le poesie in romanesco (non quelle scritte in 5 minuti per L&S in tempi migliori, si intende), ma tra l'accostare e l' "essere" ci passano tutti i mari e tutti gli oceani di questa terra.
Un salutone

maria ha detto...

Ciao Ines,
grazie per il riscontro. Comprendo cosa vuoi dire e comprendo anche la tua modestia, tuttavia fammi aggiungere che non sarai né Trilussa né il Belli: sarai Ines Desideri. Credo che a questo debba aspirare uno scrittore, e anche un essere umano direi: l’unicità. Che però non impedisce di arricchirsi di accostamenti e di degne ispirazioni.
Buon pomeriggio a tutti. Torno al lavoro.

Ines ha detto...

Sono pienamente d'accordo con te, Maria sull'unicità.
Un saluto a tutti.

Anonimo ha detto...

imparato molto

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