Crisi vera, disoccupati reali: così finisce l' era postmoderna
Basta con lassismo e chiacchiere Adesso chiediamo concretezza
Negli ultimi vent' anni molti sociologi erano convinti di aver identificato la tendenza evolutiva della nostra società. Questa da agricola è diventata industriale, poi post-industriale e, infine, post-moderna. Nella società postmoderna, ci spiegavano, spariscono non solo le ideologie ma tutte le certezze e lo stesso «principio di non contraddizione» per cui non dobbiamo più decidere se è vero questo o quello, sono veri tutti e due. Realtà ed illusione si confondono, non conta la realtà oggettiva ma solo l' immagine, l' apparenza. Perde di importanza lo Stato nazionale come fonte di certezze, non c' è più bisogno del Welfare State. La gente si raggruppa in tribù, attorno ad una squadra di calcio, ad un blog, ad una marca. Secondo alcuni non si deve neppure più parlare di cittadini, ma di consumatori. Non si guarda al futuro, l' azienda vuole risultati a breve. Non ci si arricchisce facendo buoni prodotti, ma con astute operazioni finanziare. Tutto è provvisorio, liquido. Si cerca il successo subito, la notorietà subito, il piacere immediato, non importa come. Dominano l' individualismo e l' edonismo. Questa diagnosi su cosa sia e dove stia andando la nostra società è stata insegnata come dogma nelle università, nei master, nei seminari fino all' estate scorsa. Solo oggi incominciamo a renderci conto che quella che veniva descritta come tendenza storica era, in realtà, il sintomo di una malattia. Sono state proprio l' indifferenza al futuro, l' incapacità di prevedere, la ricerca del profitto a breve termine, le spregiudicatezze nelle operazioni finanziare tanto ammirate a scatenare la crisi mondiale. No, il postmoderno non rappresentava il domani. Oggi ci rendiamo conto che continua ad esserci differenza fra reale e immaginario, fra realtà e apparenza. Ci sono banche e imprese che falliscono realmente, ci sono disoccupati veri, poveri veri, e occorrono investimenti veri, non immaginari. Il principio di non contraddizione non è scomparso perché bisogna fare davvero delle scelte, prendere davvero delle decisioni. Il consumatore non è più il re capriccioso di ieri, deve fare i conti con precisione. E tutti tornano a guardare allo Stato, a chiedere aiuti e certezze allo Stato, per prime le orgogliose banche e le grandi imprese. Ciascuno di noi torna a progettare con accortezza, con vigilanza. E non sopportiamo più il lassismo, il press' a poco, le chiacchiere. Chiediamo realismo, precisione, rigore, concretezza.
Così è successo anche in architettura:
'...Viva il Razionalismo, abbasso le stupide, inutili, 'confortanti' cornici di plastica!...
... cara, il postmoderno (che, come ha scritto giustamente Alberoni qualche giorno fa sul Corriere, ha portato allo sfascio attuale) io l'ho sempre combattuto in architettura, proprio perché terreno fertile per l'antiqualità...
...E lo sai perché ha portato allo sfascio? Proprio perché, come l'architettura 'facile' non era supportato da nessuna ideologia di alto livello, ma solo da un 'guadagno' facile di consensi e di denari...'
Guardate le due immagini e tirate le vostre conclusioni...
3 commenti:
già.
Oggi si cercano tutte le scorciatoie per arrivare prima, e prima degli altri. L'apparenza supera l'essenza e in tanti non si pongono più tante domande sul come e sul perchè. Si cerca subito la via più facile e più redditizia. Ma questo c'entra con parole come post-industriale o post-moderno?
maaaa, Vlad mi spiezza in due se dico che dei due edifici non me ne piace uno? e no, i cuoricini sulle maniglie nn mi piacciono. io ci ho rane dappertutto. che dici, è postdemenziale?
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