Sapete tutti come vanno queste cose: si conclude (bene) un lavoro, si esce a festeggiare con i ragazzi che vi hanno dato una mano, si beve un po' più del solito, e si finisce o a fare botte con un portoricano senza due dita della mano destra o a letto con qualche baldracca della buona borghesia che viene nei bar delle nostre parti perchè il marito è troppo preso dalla scrittura del suo ultimo romanzo. Quella mattina mi svegliai più confuso del solito: ero abbracciato a un portoricano che puzzava di finto Chanel, e agli angoli della bocca aveva la bava notturna cristallizzata in strane forme. Mi vestii più in fretta che potevo, mentre lo sentivo russare. Fu per questo motivo che arrivai al mio ufficio che erano già le dieci passate, ma mentre salivo le scale ebbi modo di capire che qualcuno mi stava già aspettando. Era quel rubagalline di Frank Ballistreri, che fumava il suo puzzolente sigaro da due dollari. Frank non mi stava antipatico, anzi ogni tanto mi portava qualche regalino perchè sapeva che un duro come me poteva sempre fare qualche lavoretto per lui: ma il suo sigaro sì. Finii di salire le scale e mi venne incontro, abbracciandomi. Non avevo neanche messo la chiave nella toppa della porta, che mi schiffò in mano un pacco di fotografie: un soggetto ero io, l'altro era il portoricano con cui avevo passato la notte. Mio Dio!, pensai. Sono alzato da neanche un'ora e già sono nei guai. Frank Ballistreri mi strizzò l'occhio e mi disse che certe cose possono pure capitare a un dritto come me. Figurarsi che lui una volta era stato così ubriaco che si era infilato in una gabbia dello zoo di... Lo interruppi, perché conoscevo quella storia. Gli chiesi quanto volesse per quelle foto. Mi disse che non avevo capito niente, come al solito. A lui interessava soltanto sapere se durante la notte il tizio avesse detto qualche parola, magari durante un sogno agitato. Cristo!, dissi ad alta voce tra me e me. Durante la notte ero saltato un paio di volte perchè avevo sentito il portoricano pronunciare la parola rododendro. Frank mi guardò con uno sguardo riconoscente, ripetè la parola come se volesse assaporarne ogni lettera, mi strinse la mano e corse via dall'ufficio.
Aveva lasciato il suo sigaro sulla mia scrivania: era ancora acceso. Lo buttai per terra, sulla moquette grigia, e lo spensi con le mie infradito.
4 commenti:
con le infradito.
aaaargh.
sei troppo bravo, mik. bisogna che troviamo il modo di convincerti a pubblicare qualcosa.
allora, io ti faccio da agente.
bravo Mik, continua cosí, ma cambia agente...
ma dài.
oggi ce l'hai con me.
Non ho ancora cominciato, e già me ne sono pentito...
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