Era stato un pomeriggio noioso. Nessun cliente in cerca di aiuto, nessuna telefonata minatoria, nessuna visita da parte degli sbirri del sessantaquattresimo distretto. Non mi potevo lamentare. Alle sei e dieci minuti cominciai a prepararmi per la lezione di clavicembalo ben temperato del mercoledì pomeriggio: una di quelle stupidaggini che l'ultimo giudice che mi aveva condannato pensava potessero servire a redimere la mia anima corrotta. Già, il vecchio giudice Leonard Bronzetti. Provava un piacere sadico a leggere le sentenze nei miei confronti: una volta mi aveva condannato a stare sei mesi su un piede solo, perchè durante una perquisizione in casa di un tale che si faceva la moglie di un mio cliente (che donna, e che profumo, me lo sentivo ancora sulle mani...) avevo avuto la mano un po' troppo pesante, e avevo rotto il campanello della porta d'ingresso. Un'altra volta il vecchio Bronzetti mi aveva fatto legare ai testicoli un pappagallo cinerino, e per nove mesi, giorno e notte, ero stato costretto a vivere con quella bestia nelle mie mutande: lo scopo era quello di farmi partecipare a un corso di rieducazione per animali con problemi di alcolismo. Il pappagallo alla fine era guarito dal suo vizio, ma a me era rimasta una infezione batterica che curavo con delle pastiglie di Ariabiciclin da 35 grammi.
E adesso il clavicembalo! Dio mio, se lo avessi avuto davanti in quel momento non so dove glielo avrei infilato, quel dannato clavicembalo. Aprii la porta dell'ufficio e con mia grande sorpresa mi ritrovai davanti proprio il vecchio Leonard Bronzetti. Sembrava imbarazzato, e a disagio: indossava un completo bianco di lino, ma sulla patta dei pantaloni notai uno strano rigonfiamento, come se nascondesse qualcosa.
Gli chiesi ironicamente a cosa dovessi il piacere della sua visita. Sul volto dell'anziano giudice si dipinse un'espressione a metà di dolore e di autocompiacimento: per tre lunghi minuti restammo a guardarci, gli occhi dell'uno fissi negli occhi dell'altro. Stavo per spazientirmi e mandarlo a quel paese, quando Bronzetti esclamò una sola parola, che mi fece tremare, dalla testa ai piedi: colpevole!, disse, poi si voltò e scese giù per le scale.
Le mani mi tremavano: le chiavi mi scivolarono per terra, tanto ero nervoso! Mi chinai per raccoglierle: per terra c'era una macchia di umido. La toccai con la punta dell'indice destro e la portai al naso, per odorarla.
Puzzava di orina: orina di giudice.
Giurai che questa volta me l'avrebbe pagata.
Gli chiesi ironicamente a cosa dovessi il piacere della sua visita. Sul volto dell'anziano giudice si dipinse un'espressione a metà di dolore e di autocompiacimento: per tre lunghi minuti restammo a guardarci, gli occhi dell'uno fissi negli occhi dell'altro. Stavo per spazientirmi e mandarlo a quel paese, quando Bronzetti esclamò una sola parola, che mi fece tremare, dalla testa ai piedi: colpevole!, disse, poi si voltò e scese giù per le scale.
Le mani mi tremavano: le chiavi mi scivolarono per terra, tanto ero nervoso! Mi chinai per raccoglierle: per terra c'era una macchia di umido. La toccai con la punta dell'indice destro e la portai al naso, per odorarla.
Puzzava di orina: orina di giudice.
Giurai che questa volta me l'avrebbe pagata.
6 commenti:
Che talento..la sua scrittura non è mai banale
i contenuti allucinati rendono il suo stile unico, paradossale vero?
Ciao Mik,
per caso ti chiami Margot di secondo nome?
gent.ma Maria, Io sono Io, e poi leggo il vostro blog per Mik e Api...e apprezzo tantissimo gli interventi del riflessivo Vlad...
se vuole le mando una mia foto, non sono così mascolina come MIk
Che io sappia no.
Risposta all'unisono: mi arrendo.
Gent.ma Margot, mi scuso. I nostri tre amici saranno contenti del suo interesse e dei suoi apprezzamenti, li meritano.
Peccato però... un alter ego femminile di Mik poteva essere interessante.
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