Dalla quarta di copertina:
Saimir ha diciassette anni ed è da poco arrivato in Italia dall’Albania.
È clandestino e lavora come muratore in un cantiere, naturalmente in nero, senza alcuna garanzia o sicurezza.
Un giorno entra in un palazzo fatiscente, tocca il muro sbagliato e il palazzo crolla.
Saimir rimane sepolto.
Ma Saimir stava lavorando illegalmente: non può essere lì, è invisibile.
Fuori si scatena la ferocia e l’avidità di chi è rimasto vivo, e anche chi fino a quel momento è stato capace di pietà, si inaridisce.
Il paese di Saimir è la vigorosa denuncia, senza mezzi termini o rassicuranti sfumature, di come oggi un’imprenditoria senza scrupoli sfrutti l’immigrazione clandestina a proprio vantaggio.
Attraverso una lingua dura e schietta, ma capace di commoventi aperture poetiche, Varesi traccia la parabola di un giovane lavoratore “fantasma” costretto ai meccanismi malati dell’edilizia illegale. È la storia di un’altra vittima, un altro corpo che va a ingrossare la tragica lista delle morti bianche.
Valerio Varesi è nato a Torino nel 1959 ed è giornalista della redazione bolognese di la Repubblica. Il suo primo romanzo, Ultime notizie di una fuga (Mobydick), è un giallo del 1998 liberamente tratto dalla vicenda Carretta. Nel 2000 è uscito Bersaglio, l’oblio (Diabasis), finalista al festival del noir di Courmayeur e al Premio Fedeli. Nel 2002 ha pubblicato Il cineclub del mistero (Passigli) con la presentazione di Carlo Lucarelli. Sono seguiti alcuni romanzi con l’ispettore Soneri come protagonista: L’affittacamere, Il fiume delle nebbie, Le ombre di Montelupo, A mani vuote, Oro, incenso e polvere (vincitore del Premio Franco Fedeli e del Premio del Giallo e del Noir Mediterraneo) e La casa del comandante (Frassinelli). Oltre alla “serie” legata all’ispettore Soneri, nel 2007 è uscito il romanzo Le imperfezioni. Il commissario Soneri, protagonista dei romanzi di Varesi, è approdato in tv nella serie di sceneggiati Nebbie e Delitti su Rai Due.
Cosa vi posso dire, di più.
E' un libro cattivo, realista, scritto da un Varesi diverso da quello che siamo abituati a leggere.
Un Varesi che si sporca le mani, che entra nel vivo dell'orrore senza filtrare, senza compiacere.
E' un libro che trasmette disagio, che non dà speranze, in cui la pietas diventa parola senza più significato.
Un libro coraggioso, senza mezze misure e senza buonismi, che fa capire quanto sia vigliacca ed edulcorata la denominazione 'morti bianche'.
E la figura della madre di Saimir, rinchiusa in un mondo che non le appartiene più da tempo, che per sopravvivere si svviluppa nei suoi sogni e vive nella speranza di essere chiamata dal figlio per trasferirsi da lui... è semplicemente indimenticabile.
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