Prato, ore 14,00 di oggi, caldo, in auto aria condizionata accesa e radio a volume moderato, perchè anche quello fa caldo. Sei in fila al semaforo rosso, come sempre. E' curioso, quando hai fretta i semafori sono sempre rossi, sembra una legge della matematica. Tamburelli con le dita sul volante al ritmo della musica che stai ascoltando.
Scatta il verde e finalmente riparti, a tutta velocità, perchè sai che quel colore durerà molto meno della metà del rosso. E allora ti affretti, svolti a destra e ti trovi nel bel mezzo del quartiere cinese. Qualche anno fa avresti notato tante persone in bicicletta. Adesso vedi solo poca gente a piedi e enormi auto, Bmw, Mercedes; non vedi più nemmeno le classiche Api furgonate a tre ruote.
Ti ricordi di aver letto un trafiletto in cui si dice che la bicicletta è il mezzo più amato dagli italiani. Forse perchè non ne hanno bisogno, pensi. Infatti nel corso del tempo la bicicletta si è trasformata da necessità, perchè non ti potevi permettere niente di più, a bene di lusso, che compri quando hai già una macchina, se non due, e magari anche uno scooter, perchè no?
Per cui pensi bene di farti anche una bicicletta, per andarci la domenica mattina, vestito come un marziano per imitare i grandi campioni (campioni? Mah, con tutte le bombe che prendono!).
E ti ricordi quando dieci anni fa, anzi di più, i primi albanesi cominciarono ad arrivare a Pistoia, clandestini per lo più, con la Caritas che cercava di aiutarli. Alcuni di loro finirono in una casa messa a disposizione da un uomo che lavorava nella tua stessa ditta, lui operaio, tu impiegato. Veniva a chiedere se c'era la possibilità di trovare un lavoro anche per loro, perchè avevano fame ed erano bravi ragazzi. Ma la possibilità non c'era. Però ti venne in mente che a casa avevi due biciclette che non usavi, una vecchia di tuo padre e una da corsa, usata, che era sempre stata troppo grande per te. Dicesti a quell'uomo: "Te le porto, dalle a due di quei ragazzi, così possono muoversi meglio per trovare un lavoro altrove." L'uomo accettò e ringraziò. Il giorno dopo gliele portasti e l'operaio ti disse: "Ci penso io, le darò io a quei ragazzi."
L'indomani arrivò in ufficio con una balla di juta, dalle quale uscivano due zampe pelose di un coniglio.
"Tieni" disse. "Questo è per te."
"Per me?" domandasti stupito. "Che cos'è?"
"Un coniglio. Sai, la bicicletta da corsa era ancora buona, l'ho tenuta io!"
8 commenti:
Senza parole.
Invece di aiutarti a fare un gesto gentile... quel signore si è lavato la coscienza con il coniglio?
E poi cosa ne hai fatto, tu della bestiolina?
Essendo la bestiolina già pulita, le sole zampette erano rimaste impellicciate (ho sempre pensato che fossero state lasciate come prova che si trattava veramente di un coniglio) e trovandomi in difficoltà difronte alla rude insistenza dell'operaio ("Non se ne parla proprio, prendilo, se no mi offendo!") mi resi complice di quel misfatto.
Lo portai a mia suocera che lo cucinò.
ma io pensavo fosse vivo e vegeto, e la balla di juta fosse il suo cibo,
sigh.
e certo che ha lasciato per quello, la pelliccia, per non farti pensare che fosse un gatto....
non c'è più religione.
almeno era buono?
Ehm, vorrei riportare l'attenzione sull'evoluzione primaria della bicicletta, svp.
(in linea generale, a me il coniglio piace, come il 99,99% di ciò che ho assaggiato).
Ah sì, è vero: la bicicletta.
Bella invenzione, bellissima.
Ma il coniglio, te l'ha cucinato in umido con le patate o alla cacciatora con la polenta.
Lo sapevo. Era meglio se vi raccontavo altre storielle, tipo la lucertola e la pagliuzza, o il gatto e le good year.
c'è sempre tempo: perché no.
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