Il viaggiatore che, a bordo della sua automobile, si troverà a discendere curva dopo curva dal bel paese di Caltagirone, diretto verso gli affari che lo attendono nel ridente capoluogo etneo, non potrà fare a meno di lanciare sguardi colmi di soddisfazione agli agrumeti che affollano quel tratto della piana di Catania, e immaginare di immergere il naso in quel tripudio di foglie verdi, mentre il camion davanti arranca a quaranta chilometri orari sbuffando fumo nero come l'asfalto
E non potrà restare indifferente alla sagoma innevata del vulcano che osserva la vita procedere come tutti i santi giorni, né potranno non turbarlo i fiori rossi e quelli gialli che crescono selvatici nei campi o ai bordi della strada, dove zelanti operai in subappalto lavorano per estirpare le erbacce infestanti, mentre ragazzi africani intabarrati in pesanti giacconi affrettano il passo, in fuga dai centri di accoglienza, diretti chissà dove.
E non potrà, il viaggiatore, non chiedersi perché in un tratto di strada statale ci siano delle prostitute di colore, in un altro delle prostitute sudamericane, e in un altro ancora, ormai in prossimità di Catania, prostitute dell'est Europa, bionde e seminude, con le cosce bene in vista già arrossate dal tiepido sole di una mattinata di aprile.